Okinawa, la ferita ancora aperta. Giapponesi ed americani alla ricerca di un accordo. L’eredità della Seconda guerra mondiale 1.

30 Sep 2010

Tokyo. Non sono poche le questioni, rimaste irrisolte dalla fine della Seconda guerra mondiale, che creano ancora oggi difficoltà nei rapporti tra gli Stati e che cercano ora soluzione. Le scuse degli Usa per i bombardamenti atomici del ’45 sulle città giapponesi e l’uso delle basi militari ad Okinawa sono tra queste nell’agenda nippo-americana come lo è il nodo delle isole Curili con la mancanza della firma di un trattato di pace tra Tokyo e Mosca.

Nel novembre 2009 il presidente Obama, in visita in Giappone, rispose con un secco “no comment” ad una domanda sulle scuse, promettendo, però, di visitare Hiroshima e Nagasaki prima della conclusione del suo mandato. Washington intende comprendere se il Paese del Sol levante può continuare ad essere il suo principale alleato in Asia. Dopo il crollo del partito democratico-liberale, al potere a Tokyo per oltre mezzo secolo, i nuovi governanti nipponici sembrano non più fedeli alla precedente linea politica. La ferita per la presenza delle basi americane sanguina talmente che, in giugno, il premier Hatoyama ha dovuto presentare le dimissioni dopo che era stato costretto ad ammettere che non avrebbe potuto mantenere alcune sue promesse elettorali su Okinawa.

Nel 1951, contemporaneamente al trattato di pace di San Francisco, Usa e Giappone firmarono un accordo di mutua cooperazione e sicurezza, poi perfezionato negli anni, che garantisce il cosiddetto “ombrello americano”. In pratica, alla difesa dell’arcipelago ci pensano i nuovi amici d’oltreoceano, che segretamente – con l’assenso del governo giapponese in violazione della Costituzione locale – hanno dislocato nelle proprie basi armi atomiche. Perlomeno questo è stato reso noto in un dossier pubblicato durante il premierato di Hatoyama.

47mila sono oggi i militari statunitensi, principalmente ad Okinawa, usata negli anni Cinquanta per la guerra in Corea, ed oggi maggiore centro del Pentagono in Asia. Da qui si controlla una larga fetta del continente e soprattutto la Cina. La convivenza tra giapponesi ed americani in queste isole subtropicali da favola non è mai stata facile, ma i soldati a stelle e strisce hanno portato sviluppo e soldi. Nel 2006, per venire incontro alle richieste della popolazione locale, i due governi si sono accordati per ristrutturare, riducendo una delle basi di Okinawa, quella di Futenma, e di trasferirla in parte alla baia di Henoko. Dopo questo momento è iniziata una lunga serie di incomprensioni con una clamorosa dimostrazione di protesta in maggio con migliaia di isolani, che, forse, ce l’avevano più con Tokyo che con Washington.

I sondaggi segnalano che l’opinione pubblica nipponica vorrebbe una ridiscussione degli accordi con gli statunitensi,  pretendendo dai propri rappresentanti meno dipendenza dalla Casa bianca. “Per gli americani – dice Motofumi Asai, presidente dell’Istituto per la pace di Hiroshima, – è naturale che Tokyo sia d’accordo con le proprie decisioni anche perché gli Esecutivi nipponici non hanno mai detto niente”.  “Il neopremier Kan – osserva, invece, Nurushige Michishita dell’Istituto di Scienze politiche – dovrà convincere i giapponesi, ma soprattutto quelli di Okinawa che le truppe Usa sono necessarie per la difesa del Paese, ma non sarà facile”. I lanci missilistici della Corea del Nord e la costruzione della Flotta cinese lo testimoniano

. Anche a queste latitudini la logica “sì, vabbene, ma non nel mio cortile” la fa da padrona. “Ma alle Ryukyu Shoto (tristemente famose per essere stato teatro di una delle battaglie più cruenti della guerra del Pacifico) –  sostiene Koichi Nakano della Università Sophia – altri insediamenti americani non sono benvenuti dalla popolazione locale”.

Okinawa è stata la “Waterloo” di Hatoyama, considerato il “Kennedy dell’Asia”. Dopo le elezioni di medio termine in Usa in novembre Obama dovrà risolvere questa grana non semplice. Nel frattempo, ha mandato in avanscoperta i propri uomini in segno di buona volontà, tra questi l’ambasciatore Roos alle cerimonie per la commemorazione del bombardamento atomico di Hiroshima. E’ stata la prima volta in 65 anni che il governo Usa ha presenziato ufficialmente. Già questo è un passo significativo.

Giuseppe D’Amato – Fine Parte 1/3. – serie “L’eredità della Seconda guerra mondiale”. A 65 anni dalla sua conclusione.

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