Bosnia: tra torpore e nazionalismo.

6 Oct 2010

 Un musulmano ed un croato, entrambi moderati, compartiranno insieme ad un falco serbo la presidenza tripartita della Bosnia Erzegovina.  Bakir Izetbegović, figlio del leader musulmano Alija durante la guerra negli anni Novanta, ha già offerto il proprio impegno per una ricerca comune di pace e stabilità. Sulla stessa linea anche Željko Komšić. Ma come ribadito durante la campagna elettorale per le elezioni generali i serbi pensano più alla secessione che al rafforzamento dello Stato. Nebojša Radmanović esprime, però, una posizione meno dura rispetto a quella del premier Milorad Dodik, che ha definito la Bosnia Erzegovnia come un errore della storia e prevede la sua scomparsa nell’arco di qualche anno.

 Gli osservatori internazionali sono rimasti sorpresi dall’inusuale alto numero di schede annullate tra i serbi, quasi il 10% del totale. L’Osce chiede l’apertura di un’inchiesta. Da più parti si levano accuse di brogli.

 L’attuale Bosnia Erzegovina è nata con gli accordi di Dayton del 1995, che posero fine a tra anni e mezzo di guerra con 100mila morti. E’ stata creata una presidenza tripartita per rappresentare i principali gruppi etnici. La popolazione è divisa tra Federazione croato-bosniaca e Republika Srpska. Il sistema politico è straordinariamente complesso. Gli elettori scelgono i rappresentanti soltanto delle proprie entità. Ossia un residente della Republika Srpska non elegge i membri del Assamblea della Federazione di bosniaca, e viceversa. Nei 14 Parlamenti del Paese vi sono 5 presidenti, 13 primi ministri e 700 deputati per una popolazione di appena 4 milioni di persone.

 Il compito dei tre presidenti eletti è assai impegnativo. La crisi economica è pesante (2010, crescita del Pil del +0,5%) e la disoccupazione supera il 40% della forza lavoro. La giungla burocratica viene additata come causa principale della difficoltà per i privati di iniziare proprie attività produttive. Gli obiettivi di aderire all’Unione europea ed alla Nato restano lontani. La pace e la stabilità sono garantite da truppe straniere.

 Bruxelles ha esortato i vincitori delle elezioni di domenica a dimenticare le differenze etniche ed a rilanciare le riforme, che potrebbero rafforzare l’integrazione continentale e garantire un futuro alla popolazione locale. Lo scenario peggiore sarebbe un referendum per la secessione dei serbi o una serie di incidenti che provocarebbero un nuovo conflitto armato.

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