Bielorussia, il pugno di ferro di Lukashenko.

15 Mar 2011

Trentuno pagine inviate alla Commissione per la difesa dei diritti umani dell’Onu sulle violazioni in Bielorussia dopo le presidenziali del dicembre 2010. “Serve – ha detto Anna Sevortian, direttrice della filiale russa di Human Rights Watch, – una risoluzione della Nazioni Unite per mandare un messaggio forte alle autorità di Minsk. Quello che sta avvenendo deve finire”.
Domenica 19 dicembre 2010 scesero per le strade a protestare contro l’annunciata vittoria del presidente Lukashenko, circa 30mila persone, Migliaia di loro, tra cui 7 candidati, vennero fermate dalla polizia. 725 hanno subito condanne da 10 a 15 giorni di prigione, altri a pene detentive più lunghe. “Molti – denuncia Human Rights Watch – sono stati costretti a dormire per terra o a fare i turni per un letto. Le celle erano sovraffollate, alcune senza bagni. Vi sono stati casi in cui gli imputati non hanno usufruito della difesa”.
Ales Mikhalevich, anche lui ex candidato alla presidenza, ha lasciato il Paese in questi giorni e si trova in una località segreta. Ha denunciato di essere rimasto nelle mani della polizia segreta per due mesi. La Russia osserva sorpresa gli eventi, facendo prevalere valutazioni di carattere economico e geopolitico mentre alcuni suoi cittadini sono detenuti a Minsk. Unione europea e Stati Uniti preparano nuove sanzioni contro Lukashenko e la sua Amministrazione, che invero in Patria rimangono popolari per aver garantito un passaggio non caotico dal comunismo al mercato dopo il crollo dell’Urss.
Alcune considerazioni e domande sono d’obbligo: 1) in Bielorussia siamo alle solite, quindi niente di nuovo rispetto agli anni passati; 2) come è possibile che la comunità internazionale prenda decisioni così spuntate contro violazioni così evidenti ai diritti politici di manifestare? 3) Dopo i fallimenti nei rapporti bilaterali nel tentativo di ingraziarsi il suscettibile Lukashenko cosa altro può fare la diplomazia?

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