La Georgia volta pagina. La “rivoluzione delle rose” nella storia.

3 Oct 2012

 Il partito vicino al presidente Saakashvili ha clamorosamente perso le legislative. Troppe sono state nel recente passato le promesse mancate in campo socio-economico insieme alla macchia indelebile di aver scatenato nell’estate 2008 una disastrosa guerra, persa contro la Russia per riconquistare la provincia ribelle dell’Ossezia meridionale.
Non appena le litigiose opposizioni sono riuscite a trovare un vero leader i georgiani gli hanno accordato fiducia. La capitale Tbilisi ha votato compatta per il miliardario Ivanishvili, mentre la provincia solo in parte. Il 44enne Michail Saakashvili rischiava di diventare eccessivamente ingombrante non solo per la sua prestanza fisica.
Il 2013 è un anno cruciale per il Paese caucasico. L’eroe della “rivoluzione delle rose” concluderà il suo secondo ed ultimo mandato presidenziale (diventando ineleggibile) ed entrerà in vigore la nuova Costituzione che ridistribuisce i poteri. La Georgia si trasforma in repubblica parlamentare con il primo ministro ad avere prerogative quasi più importanti del capo dello Stato. Grande era, quindi, il pericolo che a Tbilisi andasse in onda una “mossa alla Putin” in cui un leader esce dalla porta principale e rientra dalla finestra.
Diciamolo subito: chi scrive non ha mai avuto simpatia per la “rivoluzione delle rose”, primo cambio di dirigenza pro-occidentale attraverso la piazza nello spazio ex sovietico nel 2003, in tutto simile all’analogo colpo di mano di Belgrado contro Milosevic del ‘99. Saakashivili andò al potere rovesciando il suo maestro e mentore, nonché padrino di suo figlio, Eduard Shevardnadze, uno dei pochi democratici della leadership sovietica che volle la fine della Guerra Fredda. L’uso sapiente dei nuovi mass media e l’appoggio giusto nelle cancellerie statunitense ed europee fecero passare l’ex ministro degli Esteri di Gorbaciov per “un dittatore”, un “dinosauro d’altri tempi”, dimenticando invece che era il garante di una precaria pace in un Paese sconvolto dalla guerra civile e dalle mafie.
Dopo aver litigato negli anni con tutti i suoi alleati politici Saakashvili ha ora perso gli appoggi in Occidente, che ha puntato su Ivanishvili ricevendo in cambio garanzie sul futuro transito delle materie prime dal mar Caspio fino ai ricchi mercati europei. Il miliardario continuerà la politica di avvicinamento a Bruxelles ed alla Nato, ma tenterà anche di riallacciare le secolari relazioni con la Russia, vicino accomunato da una comune storia e dalla fede ortodossa.
Garantire adesso un tranquillo passaggio di potere sarà il compito primario di Saakashvili, che dovrà una volta tanto mantenere le promesse e assicurarsi un’onorevole uscita di scena.
Sin dalla primavera 1989 i georgiani hanno lottato per la democrazia e sono stati un esempio nell’Urss. Ora paiono esserci riusciti: il tempo dei kalashnikov, dei brogli elettorali e dei golpe di piazza a Tbilisi è davvero finito.
Giuseppe D’Amato

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