Interviews


  La Russia ha seguito con estrema attenzione il viaggio del presidente statunitense Barack Obama in Asia ed in particolare la tappa a Pechino. L’asse del mondo si è spostato immancabilmente verso oriente, verso l’area del Pacifico. Ne parliamo con Viktor Kremeniuk, vice direttore dell’influente Istituto Usa – Canada di Mosca, è uno dei massimi esperti in relazioni Est – Ovest.

 

 «Gli Stati Uniti e noi tutti – esordisce il professor Kremeniuk – siamo entrati in una nuova fase di sviluppo. Incerta è la sua direzione. Washington ha assunto da tempo la posizione di leader dell’Occidente, ma nell’ultimo decennio sono apparsi nuovi attori internazionali. Sto parlando in particolare del Bric – Brasile, Russia, India e Cina -,  Paesi potenzialmente molto forti, ma non alleati della Casa bianca.

 George Bush jr. non voleva vedere questa realtà, che, invece, Obama comprende. Il grande interrogativo è se gli Usa troveranno un linguaggio comune con questo gruppo di Stati senza il quale: primo, non è possibile individuare vie d’uscita per le crisi economico-finanziarie; secondo, non si risolvono i problemi della proliferazione nucleare, della sicurezza e del componimento dei conflitti – mi riferisco alle zone calde, ossia Afghanistan, Iraq, Iran -.

 Per farla breve, riusciranno gli Usa ad attrarre il Bric verso il proprio ordine mondiale con delle intese o questi Paesi diventeranno degli avversari? Obama sta provando a tirarli verso Washington. Questo è il suo compito strategico».

 Quando nel gennaio 2001 George Bush jr. entrò alla Casa bianca la questione cinese era al primo punto della sua agenda internazionale. Poi è venuto l’11 settembre con le sue conseguenze.

  «La Cina è una superpotenza fin dall’inizio della storia. Adesso si sta muovendo. Sono stato a Shanghaj di recente dopo un’assenza di due anni. E’ incredibile la velocità del suo tasso di crescita come è difficilmente comprensibile dove questo Paese si dirigerà. La Cina dà ad intendere seri contrasti tra la sua ideologia e la sua economia in espansione. Fino ad ora il sistema politico ha garantito questi alti tassi, è stato in grado di mobilitare le risorse ed ha definito una strategia di sviluppo adeguato. Ma tutto questo avrà delle conseguenze successive indirette sulla politica, sul ruolo del business. Provocherà lo scontro tra interessi militari per la sicurezza e quelli economici. E quale soluzione si troverà per queste questioni? Se l’accumulo di potenza economica trasformerà il Paese in una grande forza militare allora la Cina sarà un problema per tutti noi. Si dovrà allora pensare a come contenerla. Oppure, al contrario, questo accumulo economico suggerirà ai cinesi di rifiutare la variante militare e di sviluppare quello che loro hanno ossia l’economia, la finanza, l’industria eccetera. Questa scelta non è stata, però, ancora fatta da Pechino».

 In Occidente si ritiene che la Russia abbia commesso un grave errore a vendere impressionanti quantitativi d’armi ad un vicino così imprevedibile.

  «Non parlerei di errore. Bisognerebbe vedere in concreto cosa è stato dato ai cinesi. Non credo che siano stati consegnati quei sistemi che avrebbero trasformato Pechino in un pericolo per la Russia. Può sembrare cinico a dirsi, ma a noi preoccupano i rapporti sino-americani e la situazione nello stretto di Taiwan. Per ora le forze aeree isolane controllano la situazione sul mare. Cosa succede a terra non importa troppo. Noi aiutiamo i cinesi in cose meno rischiose. Il nodo centrale per la Russia è come influire sulle relazioni sino-americane. I cinesi sono diventati più aggressivi o no? La loro logica è assai lontana da quella europea. Ognuno vive nel suo mondo. Il loro è più antico di alcune migliaia d’anni».

 D’accordo, ma la Cina sta sviluppando da alcuni anni la sua Marina militare. Se si fa tesoro del passato questo è il primo passo compiuto da qualsiasi potenza in erba per espandere la propria influenza. Quando scoppia una qualsiasi crisi internazionale la prima domanda che la Casa bianca rivolge al Pentagono è dove si trovino esattamente in quel momento le flotte.

  «Per una potenza come la Cina è un po’ umiliante avere nelle vicinanze la presenza della Settima Flotta Usa. Pechino sta cercando di riequilibrare la situazione nonostante non abbia portaerei. Gli esperti militari ritengono, comunque, che ad un pareggio di forze ci siamo già arrivati. Queste decisioni, tengo a precisarlo, non stanno a significare che la Cina si stia preparando ad una guerra».

Giuseppe D’Amato

kremeniuk

Prof. Kremeniuk

 

iksanov

“La ricostruzione del Bolshoj inizierà dal mese di maggio, ma l’edificio centrale verrà chiuso dal primo luglio 2005. I lavori finiranno entro marzo-aprile 2008. Questo tipo di intervento si era reso necessario da tempo e non si poteva più rimandare”. Anatolij Iksanov, direttore del teatro, ci ha accolto con squisita gentilezza nel suo ufficio. Da mesi è al centro di continue bufere. Il presidente Putin ha compiuto un sopralluogo per rendersi conto di persona della situazione. Il Bolshoj è uno dei simboli della Russia.

“La prima tappa della ricostruzione – ci spiega A.I. è già finita nel 2002, quando il 29 novembre dello stesso anno abbiamo aperto il secondo palcoscenico del Bolshoj e uno spazio per le prove. Adesso inizia la seconda tappa”.

Se i turisti stranieri verranno a Mosca in estate potranno ancora vedere il teatro? “Fino al primo luglio sì. Potranno sia visitare il palazzo del Bolshoj che vedere gli spettacoli. Dopo, potranno venirci a trovare al nuovo edificio che funzionerà regolarmente per i tre anni previsti per la ricostruzione di quello storico”.

Quali problemi avete incontrato per definire il progetto di ammodernamento del teatro. “Il nodo principale è stato quello di conciliare gli interessi per il mantenimento del palazzo come monumento architettonico e rendere possibile l’utilizzo delle tecnologie contemporanee per i teatri”.

Avete preso in esame le esperienze della Scala di Milano o la Fenice di Venezia? “Conosco le realtà della Scala, del Convent Garden, dell’Operà di Parigi. Ovunque, sono stato, ho visto ed ho analizzato. Il teatro Bolshoj è in un’altra situazione. Alla Scala vi è stata la possibilità di riunire il palazzo con l’edificio affianco e con un’altra torre. Non voglio giudicare. Tante sono state le discussioni. Al Convent Garden è avvenuto lo stesso: è stato occupato un edificio limitrofo. Al Bolshoj non si può intervenire in quel modo. Non possiamo mutare la vista qui intorno”.

Ed allora? “Possiamo solo guadagnare spazio allargandoci in basso per risolvere i problemi tecnologici. Sotto terra. Non c’è altra via uscita. Dietro al teatro ci sarà una zona pedonale. Sei istituti hanno lavorato per fornire soluzioni. Fin dal 1856, quando il teatro fu ricostruito dopo l’incendio vi sono stati problemi con le fondamenta. Per 150 anni sono stati un vero grattacapo e costantemente sono state rafforzate. Nel 1902 vi fu un piccolo cedimento tanto che la gente non riuscì ad uscire dalle logge. Negli anni ’50 si è persa un po’ di acustica. Ora si pone il problema di fare delle fondamenta che durino per 200 anni”.

Da quanto si apprende da fonti ufficiali e giornalistiche questa ricostruzione costerà tantissimo allo Stato russo. Si parla di cifre astronomiche. “Il progetto completo ha un costo calcolato di 25 miliardi di rubli (ndr. circa un miliardo di dollari). Lo Stato stanzierà una somma pari a 15 miliardi. Dobbiamo fare quindi riferimento a questa seconda cifra”.

Ma gli sponsor privati non contribuiranno? “I soldi degli sponsor servono per gli spettacoli e per la compagnia”.

In futuro, quale sarà l’immagine che darà il teatro Bolshoj di sé nel mondo? “Ritengo che rimarrà il maggior teatro d’opera russo”.

Che differenza esiste tra il Bolshoj ed il Mariinskij (ex Kirov) di San Pietroburgo, diretto da Gergiev? “Noi per un 60% rappresentiamo repertorio russo, mentre i pietroburghesi sono più orientati verso la cultura europea”.

Quest’anno avete proposto nel vostro tabellone un’opera moderna, un po’ diversa dal solito “I figli di Rosental”. Tante sono state le polemiche. “Sono contento che, per la prima volta dopo 30 anni, siamo riusciti a rappresentare un’opera che il teatro ha direttamente prenotato ad un artista ed ha compiuto il suo regolare corso. Un genere non si può sviluppare senza ordini nuovi. Sono contento delle tante discussioni sull’opera. Il prestigio di uno Paese dipende molto dal suo teatro. La Scala è l’Italia, L’Opera di Vienna è l’Austria. Il Convent Garden è la Gran Bretagna”.

bolshojsera

La polemica intorno a “I figli di Rosental” è stata forte.  “Tutte le opere nuove hanno difficoltà ad imporsi al pubblico ed alla critica. Anche il “Boris Godunov” nel 19esimo secolo ebbe un mucchio di critiche. La prima de“Il lago dei cigni” di Ciakovskij fu un disastro. Purtroppo, per la gente un’opera diventa un classico dopo decenni o dopo la morte dell’autore. Non ci sono profeti in Patria, si dice in Russia. Il Bolshoj non è un museo. La sua missione è lo sviluppo del balletto e dell’opera”.

Alcuni deputati hanno duramente criticato l’autore Sorokin ed il suo lavoro. “E’ solo ignoranza. L’1% della gente va a teatro. I deputati vogliono farsi pubblicità. Sarebbe stato meglio che perlomeno avessero letto il libretto. Il Bolshoj è uno dei simboli della Russia. Se fossero state organizzate le stesse cose per un altro teatro nessuno ci avrebbe fatto caso”.

Certo che i soldi per la ricostruzione sono enormi “Ho già detto che le due cose possono essere associate. Sono tanti gli interessi in comune”.

E come vi siete tutelati? “Fin dal principio ho affermato il principio che i soldi della ricostruzione devono essere gestiti da altri non dalla direzione del teatro. Non vogliamo avere nemmeno un copeco in mano. Io non sono un costruttore. Mi si può imbrogliare facilmente. Noi rappresentiamo spettacoli e verificheremo come va avanti il progetto. Il controllo rimane a noi”.

Non c’è un tentativo dall’alto di imporre una linea alla cultura? “A San Pietroburgo una compagnia è stata denunciata per aver messo in scena il Revisore di Gogol in una forma non classica. Mi chiedo se sia una tendenza generale o la stupidità di alcune persone singole. Io ritengo che sia fondata la seconda ipotesi. Anche se ci sto riflettendo da tempo. Qui al Bolshoj è venuto Putin, che ha visto i manifesti de “I figli di Rosental”. Non ha detto niente. Non c’è alcuna reazione ufficiale. Solo l’arte libera può dare aria alla società. In Russia il teatro è sempre stato una tribuna dove si poteva parlare in modo emozionale di cose che creavano problemi in politica. “I figli di Rosental” è un’opera per la società”.

Giuseppe D’Amato

gaidar

Egor Gajdar

“Questa è la più grave crisi dal tempo della grande Depressione americana”. Egor Gajdar, ex primo ministro nel ‘92-‘93 è il maggiore economista liberale del suo Paese. Una vera autorità. “Condivido – dice il padre della riforma dei prezzi nella Russia eltsiniana post sovietica – la previsione che il 2009 possa essere un anno molto pesante per l’economia internazionale”.

Secondo lei ci sarà una seria recessione per un paio di anni o addirittura qualcosa di più? Il professor Nouriel Roubini dell’Università di New York ritiene che non si può escludere una recessione sul tipo giapponese della durata di parecchi anni. “Non possono non essere d’accordo con lui anche perché il professor Roubini è uno specialista autorevole e bravo. Non si può escludere ora alcunché. Quanto questa crisi sia profonda e quanto essa possa durare sono due aspetti che sono difficili da prevedere. L’attuale crisi è completamente diversa da quelle passate dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Le crisi della seconda metà del XX secolo sono state principalmente delle reazioni dei poteri finanziari alla crescente inflazione. Quelle del XXI secolo sono state finora morbide e differente da quelle precedenti. Sono state una risposta al crack del Nasdaq e poi all’11 settembre con gli attentati terroristici a New York. La presente crisi è stata causata dai problemi dei mutui che si sono riversati successivamente sul sistema bancario”.

Parliamo adesso dell’Europa centrale ed orientale. Come si può descrivere la diversa situazione a seconda dei Paesi. Ucraina, Lettonia ed Ungheria sono una cosa, mentre in Polonia e Repubblica ceca è un’altra. “La crisi ha colpito anche l’ex spazio socialista ed in particolare l’Europa orientale come il resto del mondo. E’ più forte nei Paesi che avevano una bilancia dei pagamenti negativa. Chi ha invece radunato delle riserve valutarie più grandi, come la Russia, vive per ora una situazione migliore. Questo non significa, però, che sarà un compito facile”.

La Russia, quindi, vive una situazione migliore rispetto all’Ungheria ed all’Ucraina. “Sì. La Russia è in una posizione migliore di quella in Ungheria, Ucraina, Lettonia. Questo non significa che siamo in una situazione semplice. Come nemmeno l’Unione europea e gli Stati Uniti”.

Qualche settimana fa Lei ha dichiarato che se la Russia non compierà gravi errori potrà uscire da questa crisi senza troppi danni. A quali errori si riferiva? “Mi riferivo al rifiuto di rivedere seriamente la politica finanziaria considerando prospettive più reali in riferimento dal prezzo del petrolio. Alla necessità di un forte controllo della politica di spesa del bilancio; al rifiuto di una revisione della politica fiscale per l’abbassamento delle tasse; alle scelte per mantenere invariato il corso del rublo utilizzando le riserve valutarie. A giudicare dalle azioni intraprese il governo russo non vuole fare questi errori”.

Non le sembra che la difesa del rublo sia costata troppo: decine e decine di miliardi di dollari. Il corso della valuta russa è, comunque, pesantemente caduto. “Guardate il rapporto tra la massa monetaria e le riserve valutarie (ndr. le terze maggiori al mondo prima della crisi). E vedrete che le possibilità per controllare il corso del rublo sono più che sufficienti”.

Vuole dire, se abbiamo capito bene, che bisognava svalutare prima il rublo? “Preferisco non commentare questo tipo di affermazioni. Per ora la nostra politica monetaria ci permette di comportarci in modo tranquillo”.

Il cosiddetto ‘piano anti-crisi Putin’ ha 55 misure definite. Sono esse sufficienti? “Nessun piano è in grado di dare risposte a tutti i problemi. Bisognerebbe dare maggiore peso alle riforme istituzionali, al rafforzamento del diritto alla proprietà, alla garanzie di indipendenza del sistema giuridico. Tutto questo influenza l’atmosfera in Russia, la fuga dei capitali, gli investimenti privati”.

Alcune fonti parlano di un’imponente debito delle società private russe. 150-200 miliardi di dollari da saldare entro la fine del 2009. E se i grandi consorzi russi non potranno pagare. Cosa succederà? Lo Stato dovrà intervenire? “Toccherà loro vendere i loro attivi”.

Ma lo Stato non dovrebbe aiutare queste compagnie? “Lo Stato deve agire con estrema attenzione sugli aiuti alle compagnie, che hanno preso a prestito soldi. Lo Stato russo non li ha mai garantiti questi capitali. Queste compagnie possono utilizzare gli attivi che hanno e saldare i loro debiti”.

Il sistema bancario russo sopravviverà a questa crisi? “Sarà una prova dura. Le autorità finanziarie nazionali capiscono che le banche sono una priorità del sistema. Ritengo che alcuni istituti si troveranno in gravi difficoltà, ma in generale usciremo da questa crisi in una situazione migliore rispetto alla situazione in cui eravamo prima”.

Giuseppe D’Amato

Gennaio 2009

Pan Wajda

The truth on a crime hidden for half of a century. The defeat of a perfidious fabrication based on the silence. The will to give his farewell to this unbelievable tragedy. Katyn by Andrzej Wajda summarizes all this.

Its watching is in some points simply upsetting: impressive psychological portraits are mixed with scenes from a shambles. “We have been waiting for the right moment to make a film on the massacre of Katyn. The lie and the crime, connected with this event, are well inside our national conscience,” says the great Polish director.

More than 22 thousand Polish citizens, taken prisoners in autumn 1939, were slaughtered in USSR by NKVD, Stalinist secret police, in spring 1940. For decades the Nazi were unfairly accused of this butchery. “That dreadful falsehood was one of the basis of the Polish – Soviet friendship even if there were documents, dated 1943, that stated the opposite. It was denied the obvious ”, underlines Wajda.

The relatives of the victims were frightened to accept the invitation to attend the film that  was watched by more than 3 million people only in Poland. “Many of them lived those terrible years again at the cinema and found in the film episodes from their personal tragedies”, admits Isabella Sariusz Skapska, secretary of the Association of  Families.

“For years we have been seen photos and documents of Katyn, but there wasn’t the image,” says Andrzej Wajda in his Warsaw’s school of cinema. “We needed to explain in a visual way how a tragedy like this could happen. Such terrible historical events must find their place in the art if we want them to survive in the memory. Watching the film, people understand that this is the past. There’s no aim of revenge. Our film is a kind of funeral, an attempt to close with this drama forever.”

Which sources did you use? “The documents signed by Stalin and the Politburo are well known. Our work is not a documentary film. The events in the plot are taken from the tales of the victims and of their families. They are real stories.”

You have dedicated this film to your parents. How much is it autobiographic? “It isn’t all. My father was killed in the prison in Kharkov after being in Starobelsk. My mother lived till 1950 hoping that my father were safe. There wasn’t his name on the first edited Katyn list. Only thanks to the Red Cross aid later we discovered the truth.”

You are saying that there isn’t any personal element Katyn, aren’t you? “A character that is, may be, close to my mother is Anna, Andrzej’s wife, the officer of cavalry. In the film she is played by Maja Ostaszewska. It’s the woman who gives the farewell to her husband who goes to the captivity.”

In your film you used two real historically true symbolic images: a coming down from the cross Christ with a broken arm who lies among injured prisoners under a plaid and some Soviet troops who tear out the Polish flag. “It wasn’t necessary to have many. We used also some pieces from the original German and Soviet propaganda films of that period. We didn’t touch them, because this is the best way to show the manipulation of the truth. The event is the same, but the remarks are different. At the end of the film we added from the literature another symbol, that is the history of Antigon. A girl cuts her hair to defend the memory of her brother who dies fighting for his right to state that his father was killed by the Soviets.”

In your opinion, what did the Soviet  executioners think doing their dirty work? “There are documents with their number and names. NKVD’s killers slaughtered a victim after another. They did it mechanically without thinking. It’s impossible to carry out certain orders in another way. Every day they had to murder a hundred of Polish prisoners. From April 5th to the beginning of June 22 thousand people from 3 camps were killed. The most incredible thing is that even the Soviet executioners were later killed, because they became dangerous eyewitnesses.”

Is that of Katyn a crime of communism or of a totalitarian system? “The communism was a totalitarian system. Soviet Russia was a totalitarian State. This is a crime against humanity, one of the biggest reason of today’s bad relationship between Warsaw and Moscow. The Russians speak about Katyn as a tragedy provoked by the situation. We were enemies in war. The Poles respond it wasn’t necessary to kill all those people.”

Moscow’s newspaper Rossiiskaya Gazeta harshly criticized your film arguing that you didn’t use trustworthy sources. “It is not true. The documents are clear. The Germans discovered the mass graves and they analysed them in 1943. When the Polish prisoners were killed those regions were in Soviet hands. Berja and Central Committee’s documents with Stalin’s signature were delivered to President Lech Walesa in the Nineties. The rest was found in victims’ pockets. There are detailed notes, where everything is written. For example, from Adam Solski’s diary ‘we got on a truck at 6 in the morning. Who knows what’s going to happen?’ In the film we used this historical testimony.”

What was the most difficult thing to do in this film? “It was the decision to make the film. But, then, how to play it? How and what to tell? The killed soldiers’ stories? The women’ ones? Which historical period should we choose? We had to select the material. A film like this one must last no more than two hours. Was it better to decide for the story of one family or of more people? I chose to have more characters to use more memories and to be more free in the plot.”

Your film was shown in Moscow only twice at the mid of March: in the House of Cinema and in the House of Literature. There are serious problems. Katyn goes against common Russian belief of their history. “We have contacts with the human rights society Memorial. We are looking for fearless people who want to distribute our film.”

From your point of view, is this the time for the penitent of the Russians, as heirs of Soviet Union, and for Polish forgiveness? “The film was made with this idea. Russians made important steps ahead with the delivery of the documents during Mr. Gorbacev and Yeltsin Presidencies. May be, we should have made Katyn ten years ago. But this is art! The only thing I don’t want now is the political manipulation of our film.”

Personally, as a practicing Catholic, do you forgive your father’s killers? Mr. Wajda turns his face on his right side. He keeps silent for long endless seconds when we regret for this necessary question. Then, the great Polish director frowns and answers with a trembling voice. His eyes have become watery all of a sudden. “The Russians must face their own past. They must stop with their tales about their history full of glory and with their speeches on ideal systems. They should follow the example of Solgenitsin and of  Memorial. Here, we are not speaking about the forgiveness of one person, but of the entire Polish society. After the end of World War II Polish bishops wrote a letter to the German episcopate. They pardoned German people, because they saw convincing steps from the other side. You may forgive when the others recognize their sins.”

Giuseppe D’Amato

March 24th, 2008

 

See also Katyn. The end of a shame? EuropaRussia April 7th, 2010.

 

 

 

prilepin   “Il potere in Russia non ha bisogno del popolo”. Zakhar Prilepin è il miglior prodotto delle nuove generazioni letterarie. I riconoscimenti, ottenuti da questo giovane 32enne di Nizhnji Novgorod, iniziano a non contarsi più. Tre i libri di maggior successo: Patologija, Sankja, Peccato. Alcune sue opere sono in pubblicazione anche all’estero, in particolare in Germania.

 Guardia del corpo poi giornalista e scrittore, Prilepin si è iscritto dal 2001 al partito nazional-bolscevico (PNB). Calvo, di media altezza, ma nel complesso robusto è stato spesso fermato o arrestato dalla polizia per la partecipazione a marce di protesta contro il Cremlino.

 Lei è considerato uno scomodo. Come è riuscito ad emergere? “Il potere – commenta Prilepin, fumando lentamente una sigaretta – guarda la televisione e non legge più, per mia fortuna”.

Come definisce la Russia di inizio secolo? “Un Paese che vive un momento di difficoltà. Le élite hanno deciso di comandare, infischiandosene della volontà popolare. E c’è poi una grande differenza tra ciò che dicono e ciò che fanno in realtà. Putin non ascolta il popolo”.

 La sua attività politica le ha creato non pochi problemi. “Io sono un uomo libero, per di più di successo. La polizia mi ferma in continuazione. L’Fsb ascolta le mie telefonate. Tutto ciò mi fa ridere. Ormai mi sono abituato a certe situazioni. Dovrei essere un isterico ed invece sono felice della mia vita. Ho stabilito di essere libero e di dire quello che penso”.

 Perché da ragazzo è andato a combattere in Cecenia nelle file degli Omon. “Per interesse. Forse come Lermontov e Tolstoj per spirito di avventura. Quella era una guerra senza regole. Per fortuna non ho assistito a violazioni o crimini. E non ho ammazzato nessuno. Chi era con me si è comportato con onore”.

Ha avuto paura laggiù in Caucaso? “No. I soggetti dei miei libri hanno questo sentimento. La cosa peggiore che possa succedere è che gli uomini perdano la loro faccia ed il loro onore. Vi è sempre la lotta per non passare quel confine e rimanere uomini”.

 Cosa cerca in un partito estremista come il nazional-bolscevico? Vi si è iscritto subito dopo il ritorno dalla Cecenia. “Non è vero che il PNB sia fascista. Mi piace la sua estetica. Si ha la possibilità di parlare e di rispondere delle proprie parole. Allora cercavo la gente, i valori spirituale e non materiali”.

Ma perché non si è rivolto alla Chiesa? “Sono un laico. Credo in Dio”.

 E adesso quale è il suo compito da militante politico? “Difendere la gente dalla leadership. Mostrare il coraggio della società civile. Il potere si comporta in modo vergognoso: le recenti legislative sono state falsificate. Per ora la gente pensa che questo vada bene lo stesso. Poi ci sarà un momento in cui scoppia come un vulcano”.

 I russi si stanno arricchendo. Pare poco preventivabile una rivoluzione o un cambio di potere. “Per uno scoppio basta il 5% della popolazione. Anche tra i moscoviti e tra gli imprenditori ci sono degli insoddisfatti. Le élite non vogliono dividere le ricchezze del Paese. Senza Putin esistono tanti clan con interessi diversi tra loro. Il presidente è stanco delle grane interne. Vorrebbe dedicarsi ai grandi incontri internazionali, che so al G8. Non glielo permettono”. 

Giuseppe D’Amato

 primavera 2008

Interview to Mr. Lech Kaczyński, new Polish president – October 2005

 1. “It’s not true that especially people from the countryside and from the provinces voted for me. It’s a myth! Important parts of the Polish society are worried about market economy. We will change this attitude. However, we can’t deny that Donald Tusk has obtained a considerable amount of votes in big towns”.

  1. “I need a period of rest” (before stepping in as the new president).
  2. You have been described as an euro-sceptic. “I’m against the EU Constitution, but I was for the entry of Poland to the European Union on May 1st, 2004”.
  3. “I’m for the complete participation of Poland in EU, but I’m also for the defence of the Polish interests”.

Relationship with Russia? “It’s important for us to establish a firm policy towards Moscow. We are looking for EU members, who may help us to  carry on this political line”.

Intervista al presidente Lech Kaczyński – Ottobre 2005

Varsavia. Lech Kaczyński ed il gemello Jarosław sono stati innegabilmente i due grandi personaggi di questa interminabile tornata elettorale polacca, iniziata con le legislative del 25 settembre e proseguite con il primo turno delle presidenziali il 9 ottobre scorso. I due fratelli conservatori hanno sbaragliato completamente la concorrenza.

Il più giovane – essendo nato 45 minuti dopo – è stato eletto capo dello Stato al ballottaggio del 23 ottobre contro il liberale Donald Tusk in uno scontro tutto in famiglia fra eredi di Solidarność, mentre il maggiore si è imposto alle parlamentari, ma ha rinunciato alla carica di primo ministro a favore del semisconosciuto economista Kazimierz Marcinkiewicz. “Due fratelli Kaczyński al potere sono troppo per la Polonia”, hanno dichiarato di comune accordo.

 Chi ha lavorato con loro ha confidato che anche dopo anni è difficile riconoscerli. Lech è sposato ed ha una figlia, Jarosław invece non ha legami familiari. La loro carriera si è svolta all’ombra di Lech Walesa, che, tuttavia, ha appoggiato Donald Tusk insieme al presidente uscente Aleksandr Kwaśniewski.

 “Non è vero che mi hanno votato soprattutto nelle province e nelle zone rurali – dice il neoleader polacco -. E’ un mito! Ampie fasce della società sono preoccupate dell’economia di mercato. Cambieremo questo atteggiamento. Tuttavia, non si può nemmeno negare che Donald Tusk abbia ottenuto considerevoli consensi nelle grandi città”1.

Quale sarà la prima decisione che prenderà da presidente della Polonia? “Prima di tutto sarà necessario che mi prenda un piccolo periodo di riposo”2.

In alcuni ambienti di Bruxelles Lei è stato descritto come un euroscettico. Quale è la sua posizione sui rapporti con l’Unione europea? “Sono contrario alla Costituzione Ue, ma sono stato favorevole all’adesione del mio Paese all’Unione europea, avvenuta il primo maggio 2004”3.

 A Varsavia si fa un gran parlare della cosiddetta “Dimensione orientale”, ossia la politica estera da portare avanti nei confronti dei Paesi vicini ex sovietici. “Le ripeto. Sono per la piena partecipazione della Polonia all’Ue, ma sono anche per la difesa degli interessi polacchi”4.

A Kiev l’anno scorso, durante la rivoluzione arancione si è registrato quasi uno scontro tra l’Ue e Russia, tra Varsavia e Russia. Cosa succederà sotto la sua presidenza? In Ucraina e Bielorussia si voterà nella prossima primavera. “Per noi è importante definire una politica ferma da avere nei confronti di Mosca. Cerchiamo all’interno dell’Ue dei membri che ci aiutino a portare avanti insieme questo tipo di linea”5.

Giuseppe D’Amato

Interview to Mr. Lech Kaczyński, new Polish president – October 2005

 1. “It’s not true that especially people from the countryside and from the provinces voted for me. It’s a myth! Important parts of the Polish society are worried about market economy. We will change this attitude. However, we can’t deny that Donald Tusk has obtained a considerable amount of votes in big towns”.

  1. “I need a period of rest” (before stepping in as the new president).
  2. You have been described as an euro-sceptic. “I’m against the EU Constitution, but I was for the entry of Poland to the European Union on May 1st, 2004”.
  3. “I’m for the complete participation of Poland in EU, but I’m also for the defence of the Polish interests”.

Relationship with Russia? “It’s important for us to establish a firm policy towards Moscow. We are looking for EU members, who may help us to  carry on this political line”. 

“По-моему, россияние находятся в таком очень сложном положении, они еще находятся в ментальном плену прошлого. Огромное государство, с огромным авторитетом и позицией в мире, вдруг остается Россия, Россия обедневшая, с разными проблемами, трудностями, и в этоже время наступают такие явления, которые для них очень болезненны, связанные с тем, что происходит на Украине. Некоторые высказывания политиков Польши им тоже не понять”.generaleJaruzelski

  Можно пример?

“Вспоминают все время горькое прошлое, для нас оно горькое, а они видят другое. У нас некоторые недооценивают роль Советского Союза в разгроме гитлеровской Германии. Говорят, что одна оккупация сменилась другой. Это для них очень болезненно. Я это понимаю и считаю, что это неправильно. Потому что оккупация фашистская, немецкая это действительно страшная оккупация. А это был ограниченный суверенитет со стороны России, и трудно это назвать оккупацией. Они очень болезненно это воспринимают, тем более, что в польской земле лежат 600 тысяч советских солдат. Их памятники сносят, и так далее”.

 Я думаю, что этого аргумента России недостаточно…

“Они очень болезненно это воспринимают. Но с другой стороны, есть там и националистические, постимпериальные настроения. Я думаю, что должно пройти еще лет 10-20, прийдет новое поколение, и эта история уже не будет такой острой…”

“А на сколько опасно сейчас объединиться с Украиной, защищать вступление Украины в европейское сообщество и оставить Россию за бортом. Насколько есть такая опасность, что Россия может остатся на краю, что границы Европы могут проходить по границе Украины.

 Это в каком-то смысле уже совершилось сейчас”.

  Украина идет по пути Европы, а Россия может остаться за бортом.

“Россия это можно сказать континент. Это не просто такое одно государство. Она не войдет в ближайшее время в рамки евросоюза или чего-либо еще. Сейчас самое главное, чтобы было хорошее сотрудничество, взаимопонимание. Россия имеет огромные возможности, сырьевые особенно: нефть, газ… Если их связать с технологическими возможностями Запада, это дало бы огромные шансы России, ускорение модернизации”.

 А Вам не кажется, что руководство России отходит от европейских стандартов…

 “Есть такие некоторые показатели, которые об этом свидетельствуют. Но с другой стороны я стараюсь смотреть на это более спокойно, потому что повернуть назад историю уже не удастся. Уже нет возможности вернуться к сталинизму,  даже ко временам Брежнева. Это не возможно. Сейчас приспосабливаются  к новым условиям, и Путин принял приоритет, чтобы было сильное государство, чтобы было управляемое государство, и поэтому он хочет все взять в руки. До какого-то момента можно это понять, потому что очень сильно все было разрушено, расшатано, но самое главное, чтобы это не перешло слишком глубоко, в такую твердую авторитарную систему”.

 А Вы видите опасность этого?

“Опасность всегда есть, но я верю, что до этой крайности не дойдет”.

 Было выгодно для Польши войти в ЕС?

“Очень выгодно. Я лично большой сторонник нашего входа в ЕС. Я считаю, что у нас огромный шанс, и не только в смысле экономическом, хотя это, можно сказать, основное, чтобы приблизиться к  экономическому уровню Западной Европы. Но это важно также в ментальном смысле. Войти в орбиту демократических государств, стран, которые имеют уже опыт демократии. Окрепли уже политические силы, политические партии, которые у нас все новые появляются, уходит одна, приходит другая: все еще не образовалась такая нормальная политическая картина. И я думаю, что вход в ЕС дает нам шанс, чтобы вырасти в нормальную…”

 Как может Польша влиять на политику ЕС на востоке.

 “В каком то смысле может влиять, все- таки  40-миллионное государство, в центре Европы, как раз на границе востока с западом. Мы имеем большой опыт отношений с востоком, с Россией, Украиной, тут есть и язык, и разные общие решения и я думаю, что мы были бы таким очень выжным мостом между Россией и евросоюзом. Пока это не получается, потому что у нас отношения с Россией не очень важные (хорошие), но по самой природе мы должны в этом направлении идти”.

 Есть идея некоторых экспертов, напр., Бржезинский,  круг некоторых американских политиков и так далее, что Украина, Польша и Прибалтика могут быть поясом, изолирующим Россию. Как Вы думаете, это хорошая идея?

 “Не хорошая. Любая изоляция плоха. Она рано или поздно кончится провалом. Самое главное делать все, чтобы избежать этого. Россия имеет сейчас критическое положение, большие трудности, но это огромная страна. Если взять сейчас сырьевой потенциал России – это 30 биллионов долларов, США – 6, Китай – 5, а Западная Европа пол-биллиона. Это значит, какие возможности имеются, если взять западные технологии и связать с этой огромной сырьевой базой!  Поэтому надо сделать все, чтобы не отгораживаться, а приближать диалог”.

Джузеппе Д’Амато 

2005

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