Archive for February, 2010


 Due condanne per furto e violenza nonché quasi tre anni passati in galera. C’è anche questo nella biografia di Viktor Janukovich, cresciuto dalla nonna in un piccolo centro del bacino carbonifero del Don. “Furono errori di gioventù”, ha in passato commentato il neopresidente che ricorda l’adolescenza come un periodo di fame e di lotta per la sopravvivenza. Elettricista, poi autista, quindi ingegnere meccanico, ebbe la fortuna di diventare un protetto di Gheorghij Beregovoj, astronauta sovietico, che lo aiutò a muovere i primi passi in politica. Secondo i suoi avversari in realtà politici fu “mamma Kgb” a redimerlo.

 Janukovich è stato a lungo governatore regionale di Donetsk, quindi due volte primo ministro. Nell’autunno 2004 è stato travolto dal ciclone della rivoluzione arancione, quando sembrava ormai destinato a diventare capo dello Stato. Durante gli anni del suo premierato il capo del partito delle Regioni fu apprezzato anche in Occidente, dove l’allora leader ucraino Leonid Kuchma veniva aspramente criticato per gli scandali che lo vedevano coinvolto in prima persona. L’affare Gongadze, con l’uccisione di un giornalista dell’opposizione, e la vendita di armi all’Iraq minarono il suo prestigio tanto che ad un vertice internazionale a Praga la Nato utilizzò la dizione francese, invece che quella tradizionale inglese, per evitare che Kuchma si sedesse vicino a George Bush. Janukovich in quel periodo rappresentava la “faccia pulita” di Kiev. Poi il disastro delle presidenziali del 2004 e la resurrezione con il fallimento degli arancioni pro-occidentali.

 Quest’uomo goffo nei movimenti, ma di una intelligenza fuori dal comune, è sostenuto dall’imprenditoria industriale dell’est. Le maggiori imprese del Paese sono indubbiamente con lui. I suoi detrattori lo descrivono come una “marionetta” nelle mani degli oligarchi, il politico della restaurazione. Il neopresidente, famoso anche per le sue gaffe, viene descritto come vicino a Mosca, ma, invero, quando fu premier aiutò gli oligarchi suoi amici a fare propri i migliori bocconi delle privatizzazioni, andando spesso a scontrarsi con gli interessi russi.

 Contrario all’adesione di Kiev all’Alleanza atlantica, ma favorevole all’integrazione nell’Ue, il quasi 60enne Janukovich ha criticato spesso duramente la politica “mono-vettoriale” del suo predecessore Viktor Jushenko. Un Paese come l’Ucraina (diviso fra le sue due anime contrapposte) non può dimenticare i suoi legami storico-economici con la Russia, con cui va risolto al più presto il problema della presenza della Flotta del Mar Nero a Sebastopoli. La lingua di Pushkin dovrà diventare la seconda lingua ufficiale, venendo incontro ai milioni di russofoni, che si scontrano quotidianamente con una situazione assurda.

 

 Viktor Janukovich, lo sconfitto del 2004,  ha in media 5 punti di vantaggio sulla sua avversaria, Julija Timoshenko. Dovrebbe aver ottenuto quasi un milione e mezzo di preferenze in più rispetto all’attuale premier.

 Per l’Istituto Inter Janukovich ha il 49,7% contro il 44,6% dell’acerrima rivale; per la Fondazione Ucraina  il 49,6% contro il 44,5%; per il Nationalny  il 48,7% contro il 45,5%. Il 5,5% dei votanti ha scelto la voce “contro tutti”. Le regioni sud-orientali, prevalentemente russofone, hanno votato massicciamente per Janukovich, quelle occidentali (più mitteleuropee) e parti delle centrali per la Timoshenko.

 La partita non è, però, chiusa come potrebbe sembrare anche se la differenza tra i due candidati è consistente. Il 17 gennaio scorso tutti i principali istituti di rilevazione sbagliarono grossolanamente le loro previsioni. Nei giorni passati hanno affinato i loro metodi, ma nessuno fornisce complete assicurazioni che questi dati provvisori saranno confermati da quelli finali della Commissione elettorale.

 La tensione si taglia col coltello. Truppe del ministero degli Interni hanno preso il controllo delle zone nevralgiche del Paese e delle aree attorno ai seggi elettorali. I servizi segreti verificheranno i sistemi informativi. Il capo dello Stato uscente Viktor Jushenko ha promesso di garantire votazioni regolari e democratiche.

 Le reciproche pesanti accuse alla vigilia del voto tra Viktor Janukovich e Julija Timoshenko hanno fatto il giro del mondo, ma non hanno intimorito gli elettori, ormai abituati da anni ad una continua guerra mediatica. Stando alle dichiarazioni ufficiali, squadre di specialisti sarebbero pronte a falsare il ballottaggio. Gruppi armati si appresterebbero a prendere il potere a Kiev. L’Ucraina sarebbe sull’orlo della paralisi politico – economica.

 Si teme che il candidato, sconfitto alle elezioni, porti in piazza, con la scusa dei brogli, i suoi sostenitori, come avvenne nell’autunno 2004 con la cosiddetta rivoluzione arancione. Gli exit polls potrebbero non aiutare ad identificare presto e con certezza il vincitore, ma bensì versare ulteriore benzina sugli animi già attesi. Il 17 gennaio 6 rilevazioni statistiche su 6 hanno miseramente fallito se si considera il successivo risultato finale annunciato dalla Commissione elettorale.

 Alla larga dai due litiganti si sono tenuti i candidati giunti terzo e quarto al primo turno, ossia l’influente Tigipko col 13% ed il giovane Jatsenjuk col 6,9%. Ambedue sono ufficialmente neutrali. Tigipko ha rinunciato alle offerte sia di Janukovich che della Timoshenko.

 Le previsioni danno il leader del Partito delle Regioni in testa, ma la premier sarebbe in recupero. Schiere di superpagati consiglieri americani curano l’immagine dei due acerrimi avversari. Paul Manafort è stato ingaggiato da Janukovich dopo che in precedenza questi aveva lavorato per il magnate nazionale Rinat Akhmetov, risolvendogli alcuni problemi strategici. Da imbroglione e nemico popolare durante i giorni della rivoluzione arancione il leader del partito delle Regioni ha un curriculum tutto nuovo. La compagnia AKPD Media, fondata dal consigliere di Obama David Axelrod, fornisce assistenza alla Timoshenko, che si fregia dei servigi anche di John Anzalone, un altro delle “menti” della campagna elettorale dell’attuale presidente Usa. 

 Russia, Stati Uniti ed Unione europea sono in preoccupata attesa. L’Ucraina è un Paese centrale nella geostrategia mondiale. La speranza è che il voto porti in futuro stabilità anche se il prossimo presidente dovrà chiedere ai suoi connazionali forti sacrifici per la gravissima crisi economica in corso.

Ucraina. EuroMaidan 2014

 Baltico meridionale. Poco dopo le 21. La radio ha appena finito di trasmettere il discorso di Adolf Hitler in occasione delle celebrazioni per il 12esimo anniversario della presa del potere da parte dei nazisti. Il vento è gelido, i ponti ghiacciati, l’umidità entra nelle ossa. La temperatura è di circa una decina di gradi sotto zero.

 La Wilhelm Gustloff ha lasciato il porto di Gdynia (Gotenhafen) – non lontano da Danzica – da una manciata d’ore, il 30 gennaio ‘45. A bordo ha 10.582 persone, quasi tutti profughi o feriti. La Germania sta mettendo in atto la maggiore evacuazione navale della storia, con l’obiettivo, poi raggiunto, di portare in salvo due milioni di connazionali, in fuga dalla Prussia orientale. L’avanzata dell’Armata rossa è ormai inarrestabile. Secondo alcune voci, risultate successivamente non vere, sul bastimento è stata caricata anche la famosa Sala d’ambra, dono di Federico Guglielmo I a Pietro il Grande nel 1716.

 Rose Petreus è insieme alla sorella Ursula. Sono originarie di un villaggio, oggi in territorio lituano. “Dove la nave fosse diretta – ricorda la donna – nessuno lo sapeva”. La gente era stivata ovunque. Salire sulla Gustloff, orgoglio della Marina civile del Reich, non era stato facile. La ressa in porto era impressionante, la fila enorme. A tutti i passeggeri era stato distribuito un giubbotto di salvataggio.

 Aleksandr Marinesko è il capitano di un sottomarino sovietico S-13. Ha pessimi rapporti con i suoi superiori. Ha ricevuto l’ordine di controllare le coste dell’attuale Lituania. L’ufficiale sovietico, non si sa perché, si è spinto parecchie decine di chilometri più a sud. All’improvviso dal suo periscopio scorge in lontananza l’ombra di un gigantesco naviglio con alcune luci accese.

 I quattro comandanti tedeschi discutono a lungo sulla rotta da tenere. Sono, però, concordi che la scorta sia insufficiente. La luna dà un tocco di romanticismo ad una notte di paura, mentre tenui fiocchi di neve scendono lentamente dal cielo plumbeo. Viene scelto il canale 58.

 208 metri di lunghezza per svariate migliaia di tonnellate, la Gustloff era stata costruita nel 1937 per essere una ammiraglia, e di superlusso. Ad un certo punto sembrò dovesse addirittura prendere il nome di Adolf Hitler, ma poi il Fuhrer, quasi per scaramanzia, la fece dedicare ad un “martire” del nazismo, ucciso da un ebreo in Svizzera. Dopo il settembre ‘39 la nave assume la funzione di ospedale galleggiante e di mezzo da trasporto truppa nel Baltico.

 I passeggeri si preparano a passare in qualche modo la notte, quando all’improvviso si ode un colpo sordo. Il primo pensiero è di aver urtato una mina o un grosso corpo metallico. Ma non è così. Dopo lunghi minuti di osservazione Marinesko ha sparato 3 siluri. Un quarto con sopra la scritta “per Stalin” è rimasto bloccato nella camera di lancio. “Il secondo colpo fu fortissimo”, rammenta Rose. A bordo scoppia il panico. Dopo poco il terzo siluro colpisce il bersaglio e la Gustloff si inclina su un fianco di 40 gradi. “La gente si mise a correre verso i ponti più alti. Molte persone furono calpestate”, aggiunge Rose. Gli ufficiali lanciano segnali luminosi e gli SOS. Gran parte delle scialuppe non si riescono a calare in mare poiché le carrucole sono ghiacciate.

 “Si udirono parecchi colpi di pistola – scrive nelle sue memorie uno dei dottori di bordo Hans Rittner -. Tanti furono i suicidi. La nave emetteva suoni sinistri. Spaventosi erano gli scricchiolii. Le donne urlavano, i bambini piangevano”. Migliaia di persone sono intrappolate all’interno delle cabine e dei saloni inferiori. I più fortunati si gettano in acqua. I flutti si riempiono in un attimo di disperati con indosso i giubbotti di salvataggio. Alcuni di questi sono troppo grandi per i bambini, molti dei quali galleggiano con le gambe all’insù.

 L’agonia della Gustloff dura quasi 50 minuti. Poi l’ammiraglia, dopo essersi spezzata in tre tronconi, si inabissa, alzando onde altissime. 1239 persone (tra cui Rose e la sorella) vengono salvate dalle navi di soccorso, 9343 sono i morti. E’ la catastrofe marittima più grave della storia, ma anche la meno conosciuta, a differenza dei drammi del Titanic, dell’Andrea Doria o del Lusitania.

 La Germania nazista non ha interesse a divulgare la notizia, gli alleati nemmeno per le ingenti perdite fra i civili. Gli aggressori, dopo tutto, sono le vittime e non i carnefici. Nel 1955 viene prodotto dai tedeschi un film che non riscuote grossi esiti. Il capitano Marinesko finisce in un gulag a conclusione della guerra. Otterrà dei riconoscimenti solo nell’ottobre ’63, tre mesi prima di morire. Gorbaciov gli conferirà postumo il titolo di “eroe dell’Unione Sovietica”.

 Il premio Nobel ’99 per la letteratura, Günter Grass, rompe il silenzio ad inizio secolo col romanzo Il Passo del Gambero. Per lo scrittore originario di Danzica la memoria va recuperata e questo è venuto il momento di farlo. La destra xenofoba e nazista è capace di manipolare il passato solo per supportare la sua ideologia. 

 Con le celebrazioni del ventesimo anniversario del crollo del Muro di Berlino si registra un timido cambiamento nell’approccio dei tedeschi verso la storia recente. Il senso di colpa collettivo per i crimini dei nazisti e l’obbligo di ricordare quei spaventosi delitti sono pian pianino affiancati dalla soddisfazione per i risultati ottenuti nel dopoguerra dalla Germania, una democrazia fondata sui valori costituzionali, che ha saputo creare prosperità e progresso. Una gestione sapiente di argomenti storici così complicati e dolorosi, come quelli in cui i tedeschi sono le vittime, rappresenta una necessità inderogabile davanti alle future generazioni europee.

 Giuseppe D’Amato

 

Eвросоюз рассматривает Туркмению в качестве одного из главных поставщиков сырья для газопровода Nabucco, который должен обеспечить Европу в обход России газом Прикаспийского региона. По мнению экспертов, несмотря на то что Франция является участником проекта «Южный поток» (South Stream), она рассматривает свое участие и в Nabucco.

Независимая Газета 2.2.10г.

Статья

 Dopo tanto attendere sono stati finalmente pubblicati i dati ufficiali. Il Pil è crollato del 7,9%, mentre nei 12 mesi precedenti era cresciuto del 5,6%. Era dai tempi dell’Urss che la ricchezza nazionale non subiva un tale arretramento. Nel 1998, quando la Russia fu costretta a svalutare pesantemente il rublo ed i forzieri della Banca centrale erano desolatamente vuoti, il Pil era sceso soltanto (si fa per dire!) del 5,1%. Troppi sono i settori, che hanno sofferto la crisi finanziaria. Su tutti spicca quello delle costruzioni (un tempo sembrava quello della “gallina dalle uova d’oro”) con un -16,4% (nel 2008 +11,9%).

 Il modello di sviluppo industriale in Russia va rivisto al più presto per evitare futuri guai e sacche spaventose di povertà. Numerose produzioni, che si erano salvate dopo il crollo dell’Urss nel ‘91, non sono più concorrenziali. Il governo Putin studia da tempo soluzioni non facili da identificare. Cosa fare, ad esempio, nelle cosiddette “città mono-industriali”, sorte attorno ad un’unica azienda, che, ora fermandosi, mette a rischio la vita dell’intera collettività? Nell’immenso Paese slavo si contano circa 400 di queste realtà. Dall’ottobre 2008 ad oggi ben 940mila lavoratori sono stati licenziati. I disoccupati sono attualmente più di 2milioni e 100mila unità.

 Negli ultimi mesi del 2009 la situazione è leggermente migliorata, poiché il Cremlino si attendeva una discesa del Pil tra l’8,5 ed il 9%. L’esportazione di petrolio, le cui quotazioni hanno raggiunto i 70 dollari al barile, ha permesso un leggero recupero. Il boom russo nei primi anni del secolo era dovuto principalmente all’aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali. I proventi dell’export dell’“oro nero” equivalgono oggi al 25% del Pil federale, ma dovrebbero scendere al 14% in un decennio se la politica di diversificazione economica dell’Esecutivo avrà successo.

 Il Cremlino si ritrova davanti ai soliti atavici problemi, rimasti in sospeso per troppo tempo. Il Pil federale tornerà ai livelli pre-crisi solo alla fine del 2012. L’economia russa incide non poco in quelle dell’intera area ex sovietica. In Asia centrale le ex repubbliche sorelle continueranno così a guardare con sempre maggiore interesse alla vicina Cina, sempre più assetata di materie prime. La perdita di influenza a tutto vantaggio di Pechino è la logica conseguenza.

 I primi dati del 2010 indicano che l’economia russa è in sostanziale crescita. Secondo gli esperti il primo semestre darà qualche buon risultato, ma ci si attende una contrazione nel secondo. La Banca mondiale ritiene, comunque, che nel 2010 la Russia crescerà complessivamente del 3,2%. Più ottimistiche le previsioni del Fondo monetario internazionale: +3,6%.

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