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Criscito all'uscita del campo con Rosina

 Ottimo esordio di Domenico Criscito in Russia. Il neoacquisto dello Zenit ha dato il via alla vittoria della squadra di San Pietroburgo contro il CSKA di Mosca con uno dei suoi soliti cross che il compagno Kerzhakov non ha avuto difficoltà a mettere in rete di testa. Pur giocando a ritmi lenti e con pochi scatti in profondità per la condizione fisica l’ex genoano si è segnalato tra i migliori dei suoi insieme al portoghese Danni per alcuni tocchi di classe, come un lungo palleggio a ridosso dell’area avversaria nel primo tempo.

 Lo Zenit è ora secondo in classifica in ritardo di due punti dal CSKA di Mosca. “E’ stato bello esordire con una vittoria – ha detto Criscito alla fine del match -. Sono contento di aver trovato allo Zenit dei campioni. Mi sto integrando bene”. Un ultimo pensiero il nazionale italiano lo rivolge al CSKA, che ha giocato con la maglia rossoblu. “Ho sempre vissuto con la maglia rossoblu – ha sottolineato Criscito – e porto il Genoa sempre nel mio cuore. Adesso faccio questa esperienza in Russia”.

 Architetti e designers in grande spolvero a Mosca. Uno dei suggestivi reparti della mitica fabbrica di cioccolato “Ottobre Rosso”, trasformata in centro studi d’arte contemporanea, è occupata dalla mostra “Architettura integrata. Design e business: un’alleanza strategica per la qualità”.
  “E’ evidente – dice Francesco Orofino, consigliere dell’Unione architetti di Roma, – ai moscoviti sembra che i problemi più irrisolvibili nel campo del trasporto si trovino a Mosca, ma a Roma non è da meno il nodo delle infrastrutture e dell’alto affollamento del centro storico. Per questo abbiamo deciso di presentare qui alcuni dei progetti degli architetti Bruno Zevi e Lucio Passarelli, che hanno proposto a fine anni Sessanta di portare parte delle funzioni cittadine oltre i confini di Roma e di collegare le nuove periferie con il centro con strade moderne”. La mostra di materiali di archivio per la creazione della zona nord della “città eterna” è stata presentata l’anno scorso alla Biennale dell’Architettura di Venezia ed ora riproposta qui all’“Ottobre Rosso”.
 Affianco, nello stesso reparto si può ammirare una seconda esibizione di manifesti dal titolo “cultura e società”. “Ho scelto – afferma Cristina Chiappini, vice presidente dell’Associazione dei grafici pubblicitari italiani, – i poster seguendo una ben determinata linea, ossia privilegiando quelli di autori che in maniera abbastanza critica guardano ai modi contemporanei di rappresentare esclusivi membri della società, bambini, donne, la violenza”. E c’è davvero di tutto. Una posizione di riguardo in questa esibizione è riservata all’esperienza del centro ricerca per la comunicazione “Fabrica” di Treviso. La scuola di Olivero Toscani è per tutti un punto di riferimento.

 
Kolomna, inaugurazione stabilimento Holcin (investimento da 500 milioni di euro).

  Clima cordiale e discussioni fiume per rinforzare la collaborazione russo-elvetica. Mosca chiede aiuto alla Confederazione per ammodernare il Paese soprattutto nei cosiddetti settori dell’“innovazione” (IT, energia, biomedicina, spazio, nucleare) e non manca di sottolineare il buon livello di interscambio fin qui raggiunto. Nel 2010 si è registrato un incremento del 36,5% rispetto all’anno precedente. E nel primo quadrimestre del 2011 la Svizzera è il Paese leader per gli investimenti stranieri in Russia.
 Berna vorrebbe un accordo tra l’Efta (l’Associazione europea di libero scambio) e la Russia, prima che Mosca aderisca al Wto, l’Organizzazione per il commercio mondiale, ma questa non è una pre-condizione, hanno affermato alti esponenti del Consiglio Federale.
 E’ dal 1994 che il Cremlino tratta l’adesione al Wto, ma ostacoli dell’ultimo momento impediscono il passo decisivo. Il presidente Medvedev ha posto come obiettivo la fine del 2011 come limite ultimo per risolvere qualsiasi difficoltà negoziale. La Georgia, Paese rappresentato dalla Svizzera in Russia dopo la guerra in Ossezia meridionale nell’estate 2008, non ne vuole sapere di dare luce verde alla candidatura di Mosca al Wto. I russi potrebbero spingere per un intervento di Berna su Tbilisi.
 “Il problema della corruzione in Russia – ha chiarito negli incontri di questi giorni il consigliere federale Schneider-Ammann – è un argomento centrale ed è la prima condizione per un accordo con l’Efta”. E diversamente non potrebbe essere visto che la Russia occupa il 154esimo posto su 178 nella classifica mondiale di Transparency International.
 Sul summit russo-svizzero troneggia la parola “Skolkovo”, il mega-progetto di una “Silicon Valley” alle porte di Mosca con investimenti miliardari da ogni parte del mondo. Viktor Vekselberg, imprenditore assai conosciuto anche nella Confederazione, coordina la sua realizzazione e pare avere un occhio di riguardo per le imprese elvetiche. Almeno questo traspare dai sorrisi sornioni svizzeri.

 

I due presidenti, Medvedev e Calmy-Rey.

Nb. Efta – Svizzera, Liechtenstein, Norvegia, Islanda.

 Cattolici ed ortodossi hanno in comune la difesa del crocifisso e la Russia si è unita all’Italia nel farlo. Come si ricorderà, in marzo, il Consiglio d’Europa ha dato ragione a Roma contro una precedenza sentenza in cui si vietava la presenza del simbolo cristiano nelle scuole della Penisola. 
 All’ambasciata di Mosca è stata presentata l’edizione russa del libro di Carlo Cardia L’identità religiosa e culturale europea. La questione del crocefisso. “L’idea di far tradurre e pubblicare in russo il volume – racconta l’ambasciatore Antonio Zanardi Landi – mi è stata offerta in occasione del primo incontro con Sua Eminenza il Metropolita di Volokolamsk Hilarion” ed “è stata incoraggiata in seguito da Sua Santità il Patriarca Kirill in occasione della prima udienza che ha voluto concedermi dopo il mio arrivo”. 
 Nella prefazione in russo il metropolita Hilarion, ministro degli Esteri del Patriarcato di Mosca ha scritto che Kirill ha “giudicato l’operato della Corte un attentato alla comune identità cristiana dell’Europa e ha salutato favorevolmente la decisione delle Autorità italiane di adoperarsi per rimuovere tale affronto”. E poi “l’impegno congiunto degli Stati europei e dei leader religiosi  il cui risultato è stato il ristabilimento della giustizia nel caso ‘Lautsi contro l’Italia’, ha dimostrato che i popoli europei sono disposti a difendere la propria identità cristiana”.

 La Fiat costruirà in Russia una fabbrica con una capacità produttiva fino a 300.000 autovetture l’anno. Finora non è stato ancora indicato dove questo nuovo sito verrà realizzato. La società tornese ha intenzione di produrre automobili di varie classi tra cui jeep e camion leggeri. 
 In precedenza un accordo con la compagnia russa Sollers per la costituzione di una joint-venture non era andato a compimento.
 La Russia occupa il decimo posto al mondo per la vendita di autovetture e nel 2020 potrebbe diventare il sesto. Negli anni Settanta la Fiat costruì a Togliatti il maggiore sito per la produzione di autovetture in Urss. Da questo stabilimento sono usciti modelli come la Zhigulì e la Lada.

Articolo – Il Sole 24 ore.

 Rossosch (Medio Don). “Hai mangiato la zuppa nelle gavette degli italiani. Ecco perché hai permesso questa vergogna”. Il professor Alim Morozov viene pesantemente apostrofato da un suo ex allievo, Kolja, che, nel recente passato, ha portato decine di veterani a protestare contro il monumento di amicizia tra alpini e sovietici. Una stella rossa è stata accostata al cappello con la penna in ricordo dei giorni dell’orrore, giusto davanti all’asilo per i bambini russi, costruito da centinaia di volontari dell’Associazione nazionale alpini tra il 1992 ed il 1993 sul luogo dove sorgeva il Comando tricolore. “Non lo capisco – dice sorpreso il direttore del Museo del Medio Don -. Eppure gli italiani hanno aiutato Kolja. Gli hanno fatto ottenere anche un permesso di lavoro, quando dopo il crollo dell’Urss qui la situazione economica era difficile, e da lì lui è riuscito a farsi una vita decente”.

 Come conservare la corretta memoria della Campagna di Russia, ora che gli ultimi veterani se ne stanno andando e le mistificazioni sono all’ordine del giorno in questa parte d’Europa, è uno dei grandi dilemmi da risolvere. Anche perché il lavoro di ricerca e di studio qui non si è fermato affatto malgrado l’entusiasmo degli anni Novanta sia un po’ scemato. In continuazione saltano fuori le piastrine dei nostri caduti, le quali vengono puntualmente riconsegnate ai parenti in Italia.

 Il 2011 è cruciale: i due governi hanno organizzato “l’anno della cultura” russa nel Belpaese e quella italiana in Russia con centinaia di manifestazioni previste. Per il Medio Don questo sarà il trampolino per l’ultima vera occasione di confronto con dei testimoni viventi. Nel 2013 si celebrerà il 70esimo anniversario di una delle peggiori ecatombe nella storia degli italiani e cadrà il ventennale dell’inaugurazione dell’asilo, esempio unico di amicizia e riappacificazione tra popoli. Solo l’immenso cuore degli alpini è stato capace di una tale azione umanitaria a tremila chilometri da casa.

 “Con mia moglie Nina stiamo sistematizzando e catalogando informaticamente tutto”, ci spiega il 78enne Morozov, che nel suo Museo, fulcro dell’attività di ricerca, ha creato un’ampia area dedicata agli italiani. Un primo sito Internet è stato organizzato, mentre sono in corso contatti con Trento per una mostra in autunno. “Sarebbe importante – ammette il professore – che trovassimo degli sponsor che ci aiutassero a pubblicare qui un libro con gli ultimi materiali raccolti”. Il timore è che le falsificazioni e i giudizi fuorvianti di gente come Kolja possano prendere il sopravvento sulla verità storica.

 A parte l’aspetto militare e non tralasciando purtroppo nemmeno le inevitabili reciproche atrocità commesse dai pochi, russi ed italiani hanno scritto una pagina unica di umanità sia durante la Seconda guerra mondiale che dopo l’inizio della perestrojka gorbacioviana con l’operazione “Sorriso” dell’Ana. Quanti nostri ragazzi sono stati curati o rifocillati dalla popolazione locale durante la ritirata o la prigionia a 30 gradi sotto zero, evitando morte certa, e quanti russi sono stati protetti dall’Armir nel corso dei rastrellamenti nazisti!

 Morozov aveva 10 anni durante quei drammatici mesi di presenza nemica che gli ha cambiato la vita. Ancora oggi, pur mantenendo fermo il suo punto di vista sugli avvenimenti, sembra un moderno “Don Chisciotte” in lotta per la verità contro tutto e tutti. Molti degli amici italiani, che, da dopo il 1988, l’hanno aiutato in questa encomiabile impresa, hanno raggiunto nell’aldilà i compagni lasciati per sempre nella steppa nel gennaio ’43. I più giovani, invece, hanno ormai perso mordente.

 Percorriamo in auto i sentieri della ritirata. Quando eravamo arrivati a Rossosch la temperatura era sopra lo zero e non c’era la neve. Il giorno dopo raggiungiamo il Don nel bel mezzo di una tormenta spaventosa. Sul grigio fiume, vicino alle postazioni occupate dalla Tridentina durante la guerra, si stanno formando spesse lastre di ghiaccio. Il gelo ed il vento rendono impossibile stare all’aperto, mentre le strade sono ben presto impraticabili. Passano poche ore e la temperatura precipita a meno 10 per poi piombare a meno 20. Cosa hanno patito quei poveracci nel ’43!

 Morozov nasconde la sua tristezza con un sorriso. Vuole vincere ad ogni costo la battaglia della memoria: soltanto la verità dovrà rimanere per i posteri.

Giuseppe D’Amato

Per leggere altri articoli sulla Campagna di Russia.

 

Rossosch (Medio Don). Percorrere una delle strade più tragiche della Storia d’Italia. E’ questa l’idea, che sta realizzando un gruppo di camminatori lombardi. Sono in cinque, tutti con considerevoli esperienze come alpini e scout. Alessio Cabello, Cristiano Baroni, Diego Pellacini, Giancarlo Cotta Ramusino e Nicola Mandelli hanno organizzato questa passeggiata di oltre 150 chilometri dalle rive del fiume Don a Nikolajewka, l’odierna Livenka, dove, il 26 gennaio 1943, quello che rimaneva delle divisioni italiane riuscì a rompere l’accerchiamento delle truppe sovietiche ed uscì dall’infernale “sacca”. Decine di migliaia di nostri ragazzi persero la vita in quelle giornate terribili, le peggiori di sempre per le Forze Armate italiane. Le temperature erano allora intorno ai 30 gradi sottozero, i campi pieni di neve e le vie principali occupate dai mezzi corazzati sovietici.

 L’anniversario del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia ha reso questa iniziativa ancora più significativa. Il nostro – hanno scritto prima della partenza – “è un cammino che vuole incontrare anche coloro che vivono in quelle terre. Non ci sono vette da conquistare o méte da raggiungere. E’ un viaggio per ricordare quanto terribile sia il dramma della guerra e per prodigarsi per evitarla in futuro”.

 In passato tre di loro hanno percorso più volte il cammino di Santiago di Compostela, quello di San Francesco, la via Francigena. Diego Pellacini ha girato molto in America ed in Africa, mentre Nicola Mandelli ha scalato montagne come l’Aconcagua o il Kilimangiaro.

 “Ogni territorio – dice Giancarlo Cotta Ramusino – vive la propria evoluzione: il tempo non si è certo fermato al 1943 così come verso Roncisvalle non si ode il corno di Rolando”. Proprio per cercare al massimo il contatto con la gente il gruppo non ha portato con sé delle tende. Come 68 anni fa furono costretti a fare i militari dell’Armir – per non restare di notte all’addiaccio – chiederanno ospitalità nelle izbe. Sono tantissime le storie delle donne russe ed ucraine che curarono, salvandoli, i nostri poveri ragazzi assiderati così assomiglianti ai loro figli schierati, però, sul fronte opposto. L’anima slava ha sempre un posto di riguardo verso chi soffre.

 “L’idea di questa impresa – continua Cotta Ramusino – è venuta a Cristiano Baroni circa un anno fa. A me subito è apparsa un po’ troppo ambiziosa”. La parte più complessa è stata quella di raccogliere informazioni sufficienti soprattutto perché nessuno del gruppo parla russo. L’incontro con la professoressa Gianna Valsecchi e l’ausilio della sezione Ana di Casatenovo si sono rivelati “fondamentali”.

 Infatti, se si cerca sulle carte geografiche russe non si trova Nikolajewka, dizione presente sulle carte militari tedesche della Prima guerra mondiale utilizzate dalle truppe italiane. Lo stesso Mario Rigoni Stern, autore dell’indimenticabile racconto “Il Sergente nella neve”, ebbe non poche difficoltà a ritrovare il luogo dove lasciò per sempre tanti suoi compagni d’armi. Scoprì, però, l’izba in cui mangiò insieme a dei soldati nemici in un momento di tregua della battaglia. Certe cose incredibili accadono solo in Russia.

Vedi anche MUSEO DEL MEDIO DON Rossosch – Russia.

Giuseppe D’Amato

From Gazprom site

 Russia’s Gazprom and Italy’s Eni have extended their 2006 strategic partnership until 2012. The companies signed agreements for technical-scientific cooperation in the upstream and downstream sectors. Integrated working groups will be set up to study application of drilling, production, transportation, energy saving and liquefied natural gas (LNG) technologies and processes, as well as personnel training, Gazprom said.

 Under the 2006 agreement, Eni and Gazprom have launched joint projects in mid and downstream gas, in the upstream sector and in technological cooperation, including the South Stream gas pipeline project to bring Russia’s gas to Europe.

 Alexey Miller, Chairman of the Gazprom Management Committee and Paolo Scaroni, Chief Executive Officer of Eni, also discussed gas supplies to Italy and implementation of measures for French EDF entry in the shareholding structure of South Stream AG..

  “Mosca – dice Andrej Rjabov, una delle “menti” del prestigioso Centro studi “Carnegie”, – ha non pochi problemi a rapportarsi con Bruxelles direttamente, poiché l’Unione europea ha una burocrazia particolare. Utilizza un approccio che non va bene con l’attuale Amministrazione russa. Ossia Bruxelles pretende prima l’ottenimento di precisi obiettivi da parte chi vuole avere con lei relazioni di un certo tipo, quindi discute dei passi successivi. Con il duo Putin-Medvedev servono passi concreti, reciproci e contemporanei”.

 Ecco quindi perché è stata preferita la scelta di avere soprattutto rapporti diretti con gli Stati nazionali. “Ci sono partner strategici come Germania, Francia, Italia tra i maggiori Paesi europei. Sono stati definiti dei progetti che vengono portati avanti. Partendo da loro si è costruita la politica estera russa. Con Berlusconi si sono creati ottime relazioni personali, che hanno sfruttato le condizioni internazionali esistenti. Lo stesso sta avvenendo con il francese Sarkozy, anche se qualche tempo fa le cose non andava per il meglio”.

 Ma perché Putin ha trovato un “amico” fidato ed un alleato proprio nel premier italiano? “I due hanno uno stile assai simile: sono populisti e pragmatici. Gli affari di Stato vengono prima di tutto. La politica viene intesa come grande business e viene piegata alle esigenze delle economie”.

 Quale è il segreto del successo dell’imprenditoria italiana in Russia? “C’è una lunga tradizione che fonda le sue radici nell’epoca comunista. Questo bagaglio culturale e di contatti è rimasto. Per di più il clima generale permette il moltiplicarsi di affari a lunga prospettiva”.

 Le pare possibile che la monopolista Gazprom paghi delle “royalities” in giro? “Come hanno scritto a più riprese gli specialisti del settore esistono schemi poco chiari e poco trasparenti. Prendiamo ad esempio il rapporto tempestoso tra Russia ed Ucraina in campo energetico. In passato schiere di strani personaggi hanno fatto il bello ed il cattivo tempo. Poi, per riportare un po’ d’ordine, Mosca ha chiesto che venisse sciolta la Rosukroenergo, la società di intermediazione. Si è così scoperto che la Naftogaz ucraina aveva i soldi per pagare le forniture. Prima sembrava che non fosse così. In futuro, forse, se il Terzo pacchetto europeo per l’energia entrerà in vigore si cancelleranno alcuni buchi neri”.

 Lei lavora qui a Mosca per uno dei più influenti centri studi del mondo con sede principale a Washington. Ci spiega perché traspare dai messaggi pubblicati da WikiLeaks una sorta di gelosia americana nei confronti delle ottime relazioni russo-italiane? “Le posso rispondere per quanto riguarda la Russia. Il governo americano è stato messo al corrente dai propri funzionari di quanto succede qui. Questo serve per capire l’affidabilità di chi si ha di fronte nel momento di iniziare una trattativa. Ossia questi accordi a più corto raggio si possono stringere, mentre gli altri di diverso genere no. Ad esempio, sul gas si può fare, mentre sulle intese per la sicurezza a lungo termine possono nascere degli imprevisti. In sostanza tutta questa corrispondenza serve per non deludere speranze inattese”.

South Stream, memorandum 23.06.2007

 

 Non si confonda il gossip e l’invidia di alleati probabilmente gelosi con i sacri interessi nazionali. Il rapporto con la Russia è quanto di più bipartisan ci sia stato nella politica italiana del dopo crollo dell’Urss. La personalizzazione, impressa dal premier Berlusconi, ha consolidato relazioni che hanno radici storiche. Senza andare troppo in là basta ricordare i legami diretti col Pcus del maggiore Partito comunista dell’Europa occidentale e gli affari stretti in epoca sovietica. 

 Fu la Fiat ad essere scelta nel maggio ‘66 a Togliattigrad per costruire le automobili per il popolo. E fu Enrico Mattei in precedenza ad aprire quel mercato, apparentemente così lontano ed irraggiungibile. Le nostre aziende, affamate di idrocarburi, si affrancavano così in parte dal potere dalle “Sette sorelle”.    

 Nel marzo 2007 è stato il governo Prodi a definire con l’allora presidente Putin uno dei più importanti (di sempre!) pacchetti di accordi su energia ed infrastrutture, per non parlare della produzione del Superjet 100. Agli inizi del mese successivo l’Eni e l’Enel acquistavano all’asta per 5,8 miliardi di dollari alcuni dei più contestati asset della Yukos, la compagnia petrolifera dell’oligarca Michail Khodorkovskij, oggi in prigione, dietro il quale si nascondevano – secondo gli specialisti – finanziatori americani di Wall Street. In uno dei messaggi, pubblicati da WikiLeaks, si fa menzione degli “scambi di favori” tra Gazprom e le società italiane, che successivamente hanno rivenduto in parte quegli asset, levando le castagna dal fuoco ai russi ed evitando loro grane legali internazionali.    

 Ma gli italiani sono con i tedeschi i fidati alleati strategici del Cremlino nelle infrastrutture con i francesi che tentano in tutti i modi di infilarsi nella partita. Soltanto i nostri tecnici, fiore all’occhiello di un Paese in perenne crisi isterica, sono riusciti a costruire pipeline ultratecnologiche sottomarine uniche al mondo. Il russo-tedesco “Nord Stream” sotto al Baltico è stato affidato nella sua fase esecutiva ad un’impresa nostrana. Parallelamente l’Eni gestisce il “South Stream”, analogo gasdotto sotto al Mar Nero, in concorrenza con il “Nabucco di ispirazione americana e degli europei filo-Usa. L’obiettivo finale è di rendere l’Italia un “hub” del gas nel Vecchio continente, realizzando il progetto di indipendenza energetica di Mattei.    

 Il segreto di questa politica bipartisan sta nella Commissione bilaterale intergovernativa, nella sapienza del gruppo dirigente dell’Eni e nei forum degli imprenditori, l’ultimo dei quali si è tenuto pochi giorni fa. Sono loro che suggeriscono idee e proposte.    

 L’Esecutivo Berlusconi, ironia della sorte, è quello che negli ultimi anni ha maggiormente differenziato le fonti di approvvigionamento ed ha ridotto la nostra dipendenza energetica dalla Russia: oggi, certificano enti indipendenti, 33% da Mosca e 32% dall’Algeria. I meriti del Presidente del Consiglio nell’aver aperto il mercato dell’ex superpotenza alle aziende italiane sono davvero tanti dopo l’inconcludenza dei nostri manager negli anni Novanta. Forse ci si è dimenticati troppo in fretta del mancato accordo della Fiat nel 1998 con la Gaz?    

 Per i russi l’Italia è un punto di riferimento in numerosi campi. Non è un caso che il filmato di presentazione a Zurigo dei Mondiali di calcio del 2018 mostri un ragazzo, Sascia, con indosso la maglietta della Russia, che tenta di fare un goal ai “maestri” azzurri del Bel Paese. Il sogno di quell’adolescente di vedere i campioni negli stadi di casa si è realizzato, mentre per noi quello di Enrico Mattei rimane a portata di mano.   

Giuseppe D’Amato

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