Euro-Integration


 Riga will have to carry out long-term structural reforms in order to get the country’s economy back on the road to long-term sustainability. There are no other solutions for World Bank President Robert Zoellick.

Article – The Baltic Course

The European Union finance ministers gave the final approval to Tallinn joining the eurozone from January 1st, 2011. The exchange rate for the conversion was set into 15.6466 Kroon per 1 euro.

Estonia will become the 17th euro member. Tallinn met all EU entry requirements on inflation, debt and deficit levels, interest rates and currency stability.

Estonia, along with Baltic neighbours Latvia and Lithuania, was badly hit by the global economic crisis as it saw five years of breakneck growth come to a grinding halt with double digit contraction.

“The key point is that it is a political decision rather than an economic decision (by the EU),” said Danske Bank economist Lars Christensen. “I don’t think it will bring any major boost to growth. Estonia is still slowly coming out of recession.” The adoption of the single EU currency is the culmination of a drive West started after the fall of the former Soviet Union in 1991.

Latvia, which had to take an IMF bailout in 2008, and Lithuania, are expected to enter the euro zone in 2014.

Of the EU’s 27 member states, 16 currently have the euro as their currency. Belgium, Germany, Greece, Spain, France, Ireland, Italy, Luxembourg, the Netherlands, Portugal, Austria and Finland adopted the currency in 2002. Slovenia joined in 2007, followed by Cyprus and Malta in 2008, and Slovakia in 2009.

 Ora la Polonia ha il suo destino nelle mani. Lo spauracchio di una nuova complessa coabitazione è stato sconfitto. Il Paese slavo può muovere verso le riforme che necessita senza ulteriori ostacoli e con il vento davvero in poppa. Non sfruttare un’occasione del genere sarebbe imperdonabile.

 Il duo Komorowski-Tusk non deve, però, sottovalutare alcuni elementi. Dalle presidenziali la Polonia è uscita spaccata in due: le regioni occidentali e settentrionali, più avanzate economicamente, hanno dato la loro preferenza al vincitore, mentre quelle meridionali ed orientali a Jaroslaw Kaczynski. Il timore, che politiche troppo liberali intacchino i precari equilibri sociali, è ben evidente. Se il sistema pensionistico o quello degli ammortizzatori verranno rivisti bisognerà farlo con estrema attenzione.

 Il tragico incidente aereo di Smolensk, in cui ha perso la vita buona parte dell’establishment del Paese, è stato un colpo terribile, che, però, ha portato maggiore unità e ridotto i tradizionali toni polemici. La Polonia ha tutto per garantirsi un futuro stabile e prospero. A parte i copiosi investimenti d’oltreoceano i fondi europei – 67 miliardi di euro dal 2007 al 2013 -, versati dagli occidentali come ricompensa per aver dimenticato i polacchi per 4 decenni oltre Cortina, offrono la possibilità al Paese di diventare nel XXI secolo un polo di riferimento nel Vecchio Continente.

 Terminati i vari effetti psicologici, l’epoca dei Kaczynski si è probabilmente chiusa. I due gemelli hanno costruito la loro fortuna sulle paure del cambiamento, presenti in ampi strati della popolazione, sul nazionalismo e sul conservatorismo tipico di questa gente. La Polonia di oggi è diversa da quella del 2005 uscita con non pochi cocci rotti per l’adesione all’Unione europea.

 L’adesione all’euro diventa ora il primo obiettivo del duo Komorowski-Tusk. Europeismo, Alleanza atlantica e riappacificazione con la Russia sono i capitoli centrali in politica estera.

 Come dimostrano le partecipazioni agli interventi in Irak ed Afghanistan, il peso internazionale della Polonia tenderà a continuare a crescere. Non è un caso che Barack Obama, dopo aver rinunciato al dispiegamento dello Scudo spaziale strategico in Europa centrale, stia mettendo in piedi un mini-Scudo regionale. Varsavia è sempre in prima fila in questo tipo di discorsi come dimostra la quasi elezione del ministro Sikorski a segretario della Nato nell’estate passata. Una Polonia solida, stabile e democratica è dopotutto una sicurezza anche per i vicini tedeschi e russi.

 Un’ultima considerazione in chiave italiana. Kaczynski si era già fatto fotografare davanti agli stabilimenti Fiat di Tychy. Dopo la sua elezione avrebbe fatto di tutto per difendere l’industria dell’automobile in Polonia. Questo non significa affatto che Komorowski sarà da meno.

Giuseppe D’Amato

 О гастарбайтерах и других “чурках” в Германии и в России

 Статья  – Штефан Шолль – “Московский Комсомолец” 22 июня 2010 г. 

Stefan Scholl Moskovskij Komsomolets

ENGLISH – ПО-РУССКИ

On June 26 Lithuania’s former President and former Prime Minister, Algirdas Brazauskas, died at the age of 77 after a serious illness.

In the late 1980ies he became the chief of the Communist Party of Lithuania, which under his leadership supported the aspiration of the republic to become independent. “Either the Party has to radically change itself to get closer to the people, or it must liquidate itself,” he told The New York Times in 1990. In March 1990 Lithuania declared independence from Moscow and it was the beginning of the break-up of the Soviet Union.

Brazauskas was the country’s second-most popular politician in June after current President Dalia Grybauskaite, according to an opinion poll conducted in by Vilmorus for Valstybe.

In June 2010 Russia’s President Dmitry Medvedev awarded him the Order of Honour for his significant contribution to cooperation between Russia and Lithuania and good neighbourly relations.

– “President Brazauskas led Lithuania through a period of remarkable change and transformation. He played a crucial role in the independence movement that liberated his country and inspired people all over the world.

As the first president of a free Lithuania, and later as prime minister, he worked to deliver on the promise of democracy. Under his leadership, Lithuania joined NATO and the European Union and developed a strong partnership with the United States. President Brazauskas was a champion for his nation and his people”, US Secretary of State, Hillary Rodham Clinton.

– “The background in which he lived and worked, demanded to conform to Soviet conditions, but he had never forgot he was a Lithuanian, and he was a patriot of Lithuania,” the leader of the Belarussian Social Democratic Hramada,  Stanislau Shushkevich.

Article The New York Times, 1990. ArticleThe New York Times, 2010. ArticleDeutsche Welle, 2010.

ПО-РУССКИ

Выступая в эфире радиостанции “Эхо Москвы” в 2008 г., Бразаускас рассказывал о том, как Литва становилась независимым государством.

ПРОГРАММА – “Эхо Москвы”

63-летний главный редактор крупнейшей польской “Газеты выборчей” Адам Михник:  

«В российско-польских отношениях нет симметрии. Россия — великая держава. Польша — страна среднего масштаба в Евросоюзе. Все зависит от того, какие тенденции возобладают в Кремле».

«Партия братьев Качиньских до сих пор была партией национального страха, национального комплекса неполноценности, национальной угрозы. Их идеология сводилась к тому, что все против нас: и русские, и немцы».

«Коморовский? Он консерватор. Либеральный. Католик. Демократ. Ответственный. Стабильный. Нормальный. Но, хотя я буду за него голосовать, он не герой моего романа».

 «Лично мне никакое примирение с Россией не нужно. Я всю жизнь считал себя антисоветским русофилом».

«В Польше уже нет истерического отношения к вашей стране. Но кое-что осталось в нашей подкорке. И если такие настроения целенаправленно подогревать, то все это можно разбудить снова — как, кстати, и антисемитизм, и германофобию. Нынешняя Польша — страна успеха»

«С моей точки зрения, присвоение Степану Бандере звания Героя Украины — огромная ошибка Ющенко». Однако «…героизация Бандеры — это не символ возврата нацизма. Это символ поиска Украиной своей национальной идентичности».

«Реальный вызов для России — это не Польша, не Америка и не Западная Европа. Западная цивилизация — это, напротив, ваш натуральный союзник. Ислам и Китай — вот в чем сегодня заключается реальный вызов для России».

Статья Михаил Ростовский Московский Комсомолец № 25378. 

Mikhail Rostovsky Moskovskij Komsomolets

Estonian vs Russian.

18 Jun 2010

The campaign to elevate the status of Estonian and to marginalize Russian goes on.

 Article – New York Times – June 2010

Vincere ampiamente le elezioni con un netto incremento di seggi, ma non avere i voti sufficienti per creare una coalizione di governo. Questa è la situazione creatasi dopo le legislative di sabato 12 giugno. Il premier uscente Robert Fico tenterà di trovare una soluzione, ma gli osservatori sono pessimisti sulle sue possibilità di riuscita.

I 4 partiti di centro-destra hanno ottenuto 79 dei 150 seggi. I socialdemocratici (SMER) sono stati pesantemente danneggiati dal pessimo risultato degli alleati: il “Movimento per una Slovacchia democratica” dell’ex primo ministro Meciar, ad esempio, non è nemmeno riuscito a superare la barriera del 5% per entrare in Parlamento. “Se non troverò convergenze – ha osservato Fico ricevendo il mandato presidenziale – accetterò la situazione”.

Iveta Radicova, leader dei cristiani democratici (SDKU), potrebbe essere, quindi, la prima donna premier del Paese slavo. Anche lei avrà a che fare con alleati non facili. “Libertà e Solidarietà” dell’economista Richard Sulik ha nel suo programma la depenalizzazione della cannabis per motivi medici e i matrimoni tra persone dello stesso sesso

L’obiettivo dichiarato di SDKU (al potere dal 1998 al 2006) è far ridiventare la Slovacchia una delle “tigri” d’Europa. Primi compiti: ridurre il deficit e la disoccupazione. La sua è una ricetta di stampo liberista. I conservatori hanno già affermato di non volere pagare la quota Ue di 800 milioni di euro per aiutare la Grecia.

La crisi economica con l’aumento del debito statale, i difficili rapporti con la minoranza ungherese ed uno scandalo sul finanziamento di SMER sono stati i temi centrali della campagna elettorale.

Il Pil slovacco è sceso del 4,7% nel 2009, ma nel 2010 dovrebbe crescere del 2,7%. Il Paese slavo ha adottato l’euro nel 2009 ed ha uno standard di vita pari al 72% della media europea. Il deficit sul Pil è stato del 6,8% nel 2009.

La numerosa minoranza ungherese ha tirato un sospiro di sollievo per la mancata completa vittoria di Fico, le cui ultime decisioni hanno provocato parecchie incomprensioni con Budapest.

Risultati

Partito

Percentuale

Seggi

SMER 34,79% 62
SDKU 15,42% 28
Libertà e Solidarietà 12,1% 22
CDM 8,52% 15
Most-HID (minoranza ungherese) 8,12% 14
SNP 5,07% 9

Affluenza 58,83%

Giuseppe D’Amato

sloveniacroazia Un esempio per tutti i Balcani. Lubiana e Zagabria stanno tentando di risolvere civilmente l’annosa disputa per i confini che si protrae dal 1991, ossia dallo scioglimento della Jugoslavia. In un referendum gli sloveni hanno approvato di affidarsi ad un arbitrato internazionale: 51,5% i “sì”, 48,5% i “no”. L’affluenza alle urne si è attestata al 42,2%.

 In questi anni il governo di Zagabria ha chiesto a più riprese di dividere il mare davanti alla baia di Pirano a metà, mentre Lubiana, che ha solo 46 chilometri di costa, si è sempre opposta a ogni tipo di spartizione che potesse mettere in pericolo il suo accesso diretto alle acque internazionali nel nord dell’Adriatico attraverso il porto di Capodistria.
 Molto positivi sull’esito del referendum sono i commenti delle dirigenze dei due Paesi in causa e dell’Unione europea. Grazie a questa consultazione popolare si sbloccano indirettamente i negoziati di adesione all’Ue della Croazia, che mira a diventare il ventottesimo Stato dell’Europa unita entro il 2012. Zagabria ha aperto con Bruxelles 30 capitoli negoziali e ne ha chiusi 18.

 Per evitare risultati poco incoraggianti, ottenuti con l’entrata di Romania e Bulgaria nel 2007, sarebbe, tuttavia, auspicabile che la Commissione europea non abbassi gli standard richiesti per le adesioni. Bruxelles volge il suo sguardo all’intera area balcanica, dove odii atavici e spargimenti di sangue l’hanno fatta da padrone per secoli e dove, negli anni Novanta, si sono rivissute tragedie ed atrocità che il Vecchio Continente sperava di aver dimenticato dopo la fine della Seconda guerra mondiale. La fretta potrebbe essere una cattiva consigliera quanto lo è stata con l’adesione alla moneta unica di Paesi che non erano pronti.  Ad un certo punto, prima della complessa pratica balcanica, si potrebbe pensare ad un percorso accelerato per l’Ucraina, Paese attraverso il quale passano gran parte delle strategiche forniture di energia all’Europa.

 L’Italia osserva con estremo interesse la disputa sloveno-croata. Il porto di Capodistria ha conosciuto nel corso degli ultimi anni una progressiva crescita della quantità di merce trattata. Qui fanno capo i traffici commerciali via mare di Paesi dell’Europa centro-orientale privi di sbocchi sul mare, quali Austria, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia. Nel 2008 il porto di Trieste è stata sorpassato da quello vicino per numero di teu (containers) movimentati. La Regione Friuli Venezia Giulia ha dato, però, parere non positivo all’ampliamento dello scalo di Capodistria per una lunga serie di ragioni.

 Il rispetto delle regole comunitarie è l’unico modo per evitare che la Casa europea, sognata dai “Padri fondatori” continentali, non si trasformi in un litigioso condominio.

 Giuseppe D’Amato

 Cartina dal sito Peacereporter.net

 Sorprese a non finire nelle elezioni legislative in Repubblica ceca. I partiti di centro-destra hanno vinto la consultazione. I social-democratici (CSSD) sono sempre la prima compagine del Paese, ma non sono andati oltre il 22% di preferenze. Gli specialisti in sede di sondaggio assegnavano loro il 30%. Jiri Paroubek ha così lasciato la segreteria del Partito.

 I democratici civici (ODS) hanno riportato il 20,2% dei voti, i conservatori di TOP09 (dell’ex ministro degli Esteri Karel Schwarzenberg) il 16,7, i centristi di Affari pubblici (VV) il 10,9%. Ci vorranno settimane di incontri per formare il nuovo Esecutivo, prevedono gli esperti, e solo un accordo di coalizione potrà portare stabilità. Le tre compagini insieme detengono 118 seggi. Il Toto-premier, nel frattempo, è già iniziato. Sarà il presidente Klaus l’ago della bilancia.

 I temi più dibattuti della nervosa campagna elettorale sono stati il problema del taglio del debito statale e la riforma delle pensioni. La stampa praghese ha definito queste consultazioni come le più combattute ed appassionanti elezioni di sempre. 25 partiti con 5mila candidati hanno lottato per i 200 seggi della Camera bassa del Parlamento. L’affluenza alle urne è stata del 62,1%

 In queste elezioni ha vinto il messaggio “facciamo il possibile per evitare uno scenario in Grecia”. I partiti di centro-destra vogliono tagliare le spese e  lottare in modo più efficace contro la corruzione. Nel 2009 il Pil è sceso del 4,1%, mentre nel primo quadrimestre del 2010 è salito dell’1,1%.

 – –

 La riduzione del debito è l’obiettivo comune a tutta l’Europa centrale. In un report, edito all’inizio del maggio, la Commissione europea segnala il caso dell’Ungheria, già aiutata con 20 miliardi di euro: Budapest, si afferma, deve ridurre le spese per evitare amare ed inattese sorprese.

 Le economie romena (dove gli statali hanno subito pesanti decurtazioni di stipendi) e bulgara appaiono ferme. La prima aumenterà dello 0,8% dopo un terrificante -7,1% nel 2009 (con un deficit di bilancio pari all’8% del Pil), la seconda rimarrà intorno allo zero. I fondi europei, che avrebbero potuto permettere di disporre di capitali per la crescita, sono praticamente bloccati per problemi legati alla corruzione in questi due Paesi.

 I dati provenienti dalla Lettonia e dalla Lituania sono anch’essi poco rassicuranti. Le “tigri” del Baltico si sono letteralmente piantate. La grande incertezza sul futuro, le condizioni finanziarie sfavorevoli e la stretta fiscale sono indicate come le cause di questa realtà davvero nera. Il Pil lettone segnerà nel 2009 -3,5%, mentre quello lituano -0,6%. La frenata nel 2009 è stata, però, molto più brusca.

Nečas talks election – Prague Post –

 

 

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