International Policy


Cosa è successo a Kiev? Nulla di inatteso, purtroppo. Sono stati gli estremisti, rimasti fuori dalla trattativa politica parlamentare, ad aver soffiato sul fuoco della protesta violenta e ad aver provocato gli scontri.

 Le opposizioni sono formate da un fronte composito di forze eterogenee, alcune delle quali lontane ideologicamente fra loro.UKRoppositionFacebook

 Ufficialmente sono tre i leader politici: Arsenij Jatseniuk del partito “Patria” (quello dell’ex premier Julija Timoshenko), l’ex pugile Vitalij Klitschko capo di Udar, ed Oleg Tjagnibok responsabile dei nazionalisti “Svoboda”.

 Sono loro ad avere imbastito il negoziato con il presidente Viktor Janukovich a nome del “Maidan”, che, in realtà, nelle sue prime settimane è stato un movimento spontaneo di protesta popolare della società civile ucraina.

 In una seconda fase, col passare dei giorni e l’aumento del numero della barricate, si sono aggiunti i movimenti legati all’estremismo ultranazionalista, come l’ormai famoso “Settore di destra”. Questi radicali, che si vedono come i difensori della nazione ucraina e non lottano affatto per l’integrazione europea come i liberal-riformisti, hanno preso il controllo delle operazioni di “difesa del Maidan”.

 La politica li ha esclusi dal tavolo delle trattative, nonostante essi abbiano tentato di avere una loro rappresentanza. Il loro unico obiettivo è la rimozione del presidente Janukovich, non i mutamenti costituzionali. E adesso sarà difficile farli sgombrare dal Maidan.

 I radicali extraparlamentari, insieme ai delusi del movimento (che sono tanti!), si sono resi conto che il capo dello Stato tentava di allungare nei tempi il più possibile la partita negoziale alla Rada, per potere arrivare a giocare le sue carte alle prossime presidenziali previste per il marzo 2015, ma ora anticipate di tre mesi.

 Le opposizioni sono in minoranza in Parlamento, dove sono troppo spesso apparse non in grado di prendere l’iniziativa. Ecco, quindi, la ragione per la quale i radicali hanno utilizzato la forza e la violenza per provocare concessioni da parte di Janukovich.

 Che la situazione politica a Kiev sia estremamente complessa lo dimostra il fatto che la cancelliera tedesca Merkel abbia invitato a Berlino per consultazioni, lunedì 17, i soli Jatseniuk e Klitschko, escludendo Tjagnibok, considerato da fonti polacche troppo vicino a forze vetero-fasciste.

 Parallelamente si gioca la partita geostrategica. La Russia ha messo sul tavolo gli aiuti finanziari necessari a salvare l’Ucraina dalla bancarotta. L’Unione europea non intende spendere nemmeno un euro.

 Mosca ha già consegnato a Kiev 3 miliardi di dollari. Bruxelles ha solo tentato di scongelare invano presso il Fondo monetario internazionale un vecchio prestito agli ucraini bloccato dal 2011.

 I catastrofici errori della diplomazia continentale sono sotto gli occhi di tutti e rischiano di spaccare in due l’ex repubblica sovietica. In questi giorni il suo destino come Stato unitario, uscito dal crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, è fortemente messo in dubbio.

gda

 “Non tutti hanno fiducia nei leader politici della protesta”. Così il politologo Vadim Karasiov, direttore dell’Istituto di strategia globale di Kiev.

 “Mi riferisco ai vari Klitschko e Jatseniuk, – continua il noto politologo ucraino -. Il loro seguito è limitato. I giovani, quelli con sentimenti più radicali, non credono in loro. Gli obiettivi di questi ultimi sono la distruzione del partito delle Regioni e le dimissioni di Janukovich”. UkrVadimKarasiov

 Come si può fermare il bagno di sangue? “E’ necessario capire che bisogna lasciare da parte il linguaggio degli ultimatum, i giochi tattici e gli imbrogli. Serve al più presto un compromesso per salvare il Paese. La gente non crede più a questa classe politica”.

 Ma chi controlla i radicali? “La situazione è sfuggita di mano alla politica”.

 Cosa vogliono i giovani del Maidan o perlomeno alcuni suoi settori, visto l’eterogeneità delle cosiddette opposizioni? “I giovani pretendono cose impossibili, cose fuori dalla realtà, come il movimento di protesta in Francia del maggio 1968. Qui sul nostro Maidan vi è una sintesi di tutte quelle correnti da Tahrir de Il Cairo ad i vari ‘occupy’. Si sono unite forme di protesta di carattere arabo, europeo con la tradizione ucraina dell’amore per la libertà. Sia per Janukovich che per le opposizioni è difficile controllare questa gente”.

 Chi sostiene Janukovich? “La Russia, il clan di Donetsk, numerosi oligarchi, circa il 20% degli elettori ucraini. I dati dei sondaggi sono chiari: il 50% della popolazione sostiene il Maidan (e sono quasi tutti ad Ovest); il 50% no (e sono ad Est). A Kiev non c’è un tiranno come in Tunisia od un Ceausescu come in Romania. L’Ovest del Paese sostiene il Maidan, perché non crede all’Est”.

 Ma perché Janukovich non ha fatto sgomberare piazza Indipendenza? “Avrebbe rischiato uno spaventoso spargimento di sangue con migliaia di morti. Il presidente non vuole entrare nella storia come un tiranno sanguinario. Il Maidan poi non è piazza Tienanmen. Siamo sotto agli occhi dell’Europa!”.

 Quali errori ha compiuto l’Europa? “Non ha capito la situazione in cui si trovava l’Ucraina alla vigilia della firma del patto di Associazione all’Ue. Per un Paese di 46 milioni di persone e con un’economia così complessa si doveva pensare subito ad un’adesione per difenderla da Mosca. Sostenendo le opposizioni, l’Ue ha trasformato una questione interna in uno scontro geopolitico. E poi manca un centro unico diplomatico. Quale è la linea comune? Si sentono dei cori in cui ognuno canta per proprio conto”.

 Come andrà a finire la crisi? “La crisi sarà ancora lunga. In ballo vi è la stessa sopravvivenza dello Stato ucraino. Alla fine potrebbero emergere due Stati, uno ad est e l’altro all’ovest. Speriamo che non si ripeta in tal caso lo scenario jugoslavo, ma sia un divorzio alla cecoslovacca”.

«В России радуются геополитической победе над Европой. Малая Русь спасена от европейского разврата и эксплуатации. О боже, ведь Украина еще до подписания соглашения об ассоциации с ЕС должна была внести изменения в ряд законов и даже Конституцию страны, но снова мешки с баблом задушили демократические права, на соблюдении которых настаивал Европейский союз!…RU-EU1

 Да, Украина остается частью постсоветского мира, которым с помощью кнута и пряника хочет править Россия. Но все же это временная победа. Украина, как и другие государства, которые образовались после развала Советского Союза, в любом случае будет стремиться к тесному сотрудничеству с Европой, несмотря на то что сегодня их лидеры неприкрыто льстят Кремлю. Более того, курс на сближение с Евросоюзом ждет и саму Россию… »  ***

 Статья  – Иржи Юст – Московский Комсомолец № 26417 от 23 декабря 2013 г. Jiří Just Moskovskij Komsomolets.

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   Презентация книги «Развод по-советски». Русское издание

Состоится

Четверг – 19-го декабря в 11.30

при новой резиденции щвейцарского посла

125009 г. МОСКВА, МАЛЫЙ КИСЛОВСКИЙ ПЕР., Д.5А/8, СТР. 1

La Russia come bastione del conservatorismo mondiale, a difesa della morale messa in crisi dalla “tolleranza, asessuata e sterile dell’Occidente”, in cui “il bene ed il male vengono confusi”. PutinPressSluzhbaKremlia

 Questa la nuova missione dell’ex superpotenza secondo Vladimir Putin. Dopo aver fermato Gengis Khan, Napoleone ed Hitler adesso è venuto il momento di salvare l’umanità da quest’ultima deriva.

 Il capo del Cremlino ce l’ha sia con i cambiamenti nelle società sia con i nuovi equilibri globali, che vedono una Russia sempre meno protagonista e più isolata.

 Il primo aspetto è quello riguardante i valori tradizionali. A poche settimane dalla tanto attesa (dal potere moscovita) “vetrina” delle Olimpiadi invernali di Sochi, Putin il “macho” non ha digerito la campagna-stampa occidentale che ha evidenziato l’intolleranza dilagante contro le minoranze sessuali, gli stranieri, i “diversi”.

 Sono soprattutto i mass media federali a fomentare, irresponsabilmente, sentimenti, che, in un Paese multi-etnico e multi-confessionale, rischiano di dar fuoco alla “Santa Barbara” della già complessa convivenza pacifica tra genti così differenti.

 Le ragioni della propaganda dell’insofferenza sono semplici. La crisi economica avanza rapidamente e non si sa quali conseguenze avrà sul Paese. Senza un nemico geopolitico, più o meno chiaro, e con un collante – un tempo sovietico – che tende a perdere forza, il potere si prepara a combattere una lunga battaglia dagli esiti incerti.

 Il russo medio è sicuramente conservatore, ma certamente non bigotto. Indurlo a pensare che i gay di casa propria o gli immigrati (anche ex fratelli sovietici) siano agenti infiltrati di un oscuro nemico esterno aiuta, e non poco, a distogliere l’attenzione dalle questioni sociali irrisolte.

 Il secondo aspetto del ragionamento del capo del Cremlino riguarda le nuove ideologie, spesso straniere, che in Africa ed in Medio Oriente hanno portato guerre e lutti. Il riferimento è sia allo scenario interno che a quello internazionale. Su quest’ultimo, onestamente, è difficile dargli torto. Si pensi al risultato delle “primavere arabe”. Mosca, perciò, si propone come garante dell’attuale status-quo.

 Il punto saliente è, invero, sottaciuto: sulla scena internazionale la Russia si sente non considerata come potenza regionale quale è in realtà. Europa e Stati Uniti dovrebbero tranquillizzarla se essi sperano di averla dalla propria parte di fronte alle sfide del XXI secolo.

 Il caso siriano pare essere già dimenticato: senza la mediazione russa Obama si sarebbe, forse, buttato in una ennesima disastrosa avventura.

 Europa e Stati Uniti farebbero, però, anche bene a spiegare a Putin che una Russia finalmente democratica non avrebbe bisogno di certe manovre o missioni da svolgere.

gda

Eastern Partnership, as one of the priorities of the Lithuanian Presidency of the Council of the EU, is a natural choice, determined by the Lithuanian and the EU interest to have safe, stable, economically strong and pro-European Eastern neighbours. Our goal is to have pro-active and efficient Eastern Partnership policy that would bring tangible results for these countries and their people. This could be achieved through the joint efforts of the EU institutions, EU Member States and Eastern Partners themselves. LitVilnius1

Through the Eastern Partnership, the EU strengthens its bilateral and multilateral cooperation with the six Eastern European partners: Armenia, Azerbaijan, Belarus, Georgia, Moldova and Ukraine, supports reform processes of these countries, and seeks to bring them closer to the EU.

 Main results

Over the first four years of its implementation, Eastern Partnership initiative has brought a number of tangible results:

  • Association Agreements, including Deep and Comprehensive Free Trade Areas, as their integral parts, have been negotiated with Ukraine, the Republic of Moldova, Georgia and Armenia; good progress has also been achieved in respective negotiations with Azerbaijan;
  • considerable progress has been made in the area of visa facilitation and liberalization: 5 out of 6 partners already have or will soon have Visa Facilitation Agreements; 3 of them managed to advance even more – they now have Visa Liberalization Actions Plans, prepared specifically to them, full and effective implementation of which will bring these countries straight to the visa free travels with the EU;
  • the multilateral cooperation dimension has been established and further strengthened: it now includes senior officials and experts working in a number of different areas, from agriculture and environment to trade, migration and CSDP;
  • sectorial cooperation has also been enhanced, with the first Eastern partnership ministerial meetings in the fields of Justice and Home Affairs, and Transport, held in October 2013, in Luxembourg;
  • cooperation between societies at large has been started and such formats as Civil Society Forum, Conference of the Regional and Local Authorities (CORLEAP), Business Forum and Youth Forum are now meeting on a regular basis, thus contributing to the monitoring of the implementation of the Eastern Partnership, but also to the policy shaping.

The third Eastern Partnership Summit in Vilnius

The third Eastern Partnership Summit in Vilnius will be held on the 28-29 November, 2013. The leaders and other high level representatives of the EU institutions, 28 EU Member States and the 6 Eastern European Partner States are expected to take part in the EaP Vilnius Summit. The event will be hosted by the President of the Republic of Lithuania Dalia Grybauskaitė and chaired by the President of the European Council Herman Van Rompuy.

Eastern Partnership Summits are held every two years (the first two Summits took place in the Czech Republic (Prague), 7 May, 2009, and in Poland (Warsaw), 29-30 September, 2011). During these meetings, the implementation and the results of the Eastern Partnership are discussed, the objectives for the next two years are determined and the prospects for the future are drawn.

Source: official site of the Summit

* * *

Joint statement by President of the European Council Herman Van Rompuy and President of the European Commission José Manuel Barroso on Ukraine

 

Concerning the Ukrainian decision to suspend temporarily the preparations for signing the Association Agreement and Deep and Comprehensive Free Trade Area (DCFTA), the European Union’s position remains clear. The offer of signing an unprecedented Association Agreement and a DCFTA is still on the table. This requires the necessary political will by the Ukrainian leadership, determined action and tangible progress on the conditions set out in December 2012.

Important progress has already been achieved by Ukraine. We are convinced that signing the Association Agreement and a DCFTA, the most ambitious agreement the European Union has ever offered, provides the best possible support for Ukraine’s economic situation, reform course and modernisation in view of building a prosperous and stable future for all Ukrainians. The EU stands ready to be more open and more supportive to those who are willing to engage in reforms and modernisation.

While being aware of the external pressure that Ukraine is experiencing, we believe that short term considerations should not override the long term benefits that this partnership would bring. However the European Union will not force Ukraine, or any other partner, to choose between the European Union or any other regional entity. It is up to Ukraine to freely decide what kind of engagement they seek with the European Union. Ukrainian citizens have again shown these last days that they fully understand and embrace the historic nature of the European association.

We therefore strongly disapprove of the Russian position and actions in this respect. The Association Agreement and a DCFTA are opportunities to accompany our common neighbours towards modern, prosperous and rule-based democracies. Stronger relations with the European Union do not come at the expense of relations between our Eastern partners and their other neighbours, such as Russia. The Eastern Partnership is conceived as a win-win where we all stand to gain. The European Union continues to stand ready to clarify to the Russian Federation the mutual beneficial impact of increased trade and exchanges with our neighbours, whilst fully respecting the sovereignty and independence of our Eastern Partners and the bilateral nature of Association Agreement and DCFTAs.

The European Union looks forward to the Eastern Partnership Summit in Vilnius this week. It will be an important moment to take stock of the situation and take forward the relations with our Eastern partners.

La battaglia è probabilmente finita. L’ultima incognita è legata alla tradizionale imprevedibilità degli ucraini. Ma se dovesse andare proprio in questo modo il processo di integrazione europea ad Est, nelle terre un tempo ex sovietiche, segnerebbe una brusca frenata.

Le pressioni del Cremlino sulla repubblica ex sorella hanno avuto, pertanto per ora, la meglio. Nei mesi scorsi la Russia ha iniziato a far capire a quali conseguenze spaventose l’Ucraina sarebbe andata incontro se Kiev avesse legato il suo destino all’Ue.

 Mosca non intende avere concorrenti all’interno del suo “cortile di casa” è la lezione appresa in questi giorni tesissimi dai funzionari europei.

 A nulla è valsa la dichiarazione al vetriolo della cancelliera tedesca Merkel, che ha ricordato a Vladimir Putin, che la “Guerra Fredda è finita da 24 anni” e che ogni Paese è sovrano di decidere la sua politica.

 Il presidente Janukovich è stato posto davanti alla scelta tra il Patto Associativo con l’Ue e la concorrente nascente Unione Doganale, una specie di Urss economica. Il primo è un ottimo investimento sul futuro con vantaggi enormi nel lungo periodo. La seconda è un rattoppo utile nel breve periodo, ma un progetto troppo ambizioso che zoppica fin dai suoi esordi.

 In sintesi, Kiev è rimasta stritolata in mezzo.

 Dopo il voto negativo del Parlamento ucraino l’Unione europea lascia ancora la porta aperta, anche perché è finalmente conscia che Janukovich e i suoi si trovano davanti ad una decisione epocale, non solo economica ma anche geostrategica e psicologica.

 Gli europei, per decenni satelliti del Cremlino, sanno perfettamente che la Russia senza l’Ucraina non potrebbe più essere in futuro un impero e verrebbe ricacciata ad Est, verso l’Asia. A Kiev è poi nata la Rus’ medioevale e da quelle radici storico-culturali-religiosi si è sviluppata successivamente la Moscovia.

 Chi vincerà questo scontro geopolitico tra Russia ed Ue dovrà, comunque, farsi carico dell’Ucraina, Paese oggi sull’orlo di una gravissima crisi finanziaria. Nei prossimi mesi serviranno non meno di 10 miliardi di dollari per rimpinguare le asfittiche casse di Kiev.
Altrimenti l’intera Europa centrale sarà colpita da una nuova ondata di crisi.

gda

” Negotiators from around the world begin meeting in Warsaw for an annual climate conference. In the past, Poland has made its mark by blocking the EU from calling for stricter greenhouse gas emissions limits. UNFCCC

For Christiana Figueres the facts are clear. “There is a very real necessity to reduce greenhouse gas emissions,” said the UN Framework Convention on Climate Change’s executive director. A report from the UN environment agency UNEP released at the beginning of November showed just how real this necessity is: we can only meet the target of limiting global warming to 2 degrees Celsius (3.4 degrees F) if greenhouse gas emissions worldwide are drastically reduced in the years leading up to 2020….

The likelihood that big countries come forward at during the climate conference in Warsaw, which begins Monday (11.11.2013) with binding promises to reduce their emissions is low. This is partly due to the fact that the European Union has so far failed to set a good example by agreeing on an ambitious goal for its own carbon dioxide reductions…. “

 Full Article – Deutsche Welle

 A dieci anni dalla “Rivoluzione delle rose” la Georgia volta pagina: finisce l’era Saakashvili. Il Paese caucasico diventa contemporaneamente una repubblica parlamentare per l’entrata in vigore della riforma costituzionale del 2010. Geopresident

 23 erano i candidati in lizza, ma di questi soltanto tre avevano vere chance. Ossia il filosofo 44enne Georgy Margvelashvili  (rappresentante della coalizione Sogno georgiano ora al potere), l’ex speaker del Parlamento Nino Burjanadze (la “dama di ferro” della Rivoluzione delle rose del 2003 poi avversaria del capo di Stato uscente), il 41enne diplomatico David Bakradze (membro del Movimento Unito Nazionale di Saakashvili).

 Ha vinto Margvelashvili con oltre il 62% delle preferenze, secondo è arrivato Bakradze con il 21, quindi la Burjanadze con un po’ più del 9% dei voti.

 In campagna elettorale tutti i principali candidati avevano ribadito il corso di integrazione europea e nelle strutture dell’Alleanza atlantica intrapreso dal Paese caucasico, che, nell’agosto 2008, ha combattuto una disastrosa guerra contro la Russia in Ossezia meridionale.

 “Maggioranza ed opposizione – ha sottolineato Margvelashvili – sono d’accordo sulla direzione fondamentale del nostro sviluppo e sugli obiettivi della nostra politica esterna nazionale”.

 Il che potrebbe significare la firma del Patto di Associazione con l’Unione europea già il prossimo 28 novembre a Vilnius.

 La Burjanadze è stata l’unica a mostrarsi più dubbiosa sull’integrazione nella Nato. “Fino a che vi saranno truppe russe sul nostro territorio – ha evidenziato l’ex speaker del Parlamento – ci sono poche possibilità di aderire all’Alleanza. Non ci sono stati passi politici effettivi per negoziare con Mosca”.

 La Georgia è però un crocevia strategico fondamentale tra il mar Caspio ed i ricchi mercati occidentali. Da qui passano le principali pipeline tra Asia ed Europa. Ecco spiegata la grande attenzione prestata dalla comunità internazionale a queste elezioni.

 Avendo già svolto due mandati presidenziali, il giovane carismatico leader georgiano, Michail Saakashvili, non ha potuto partecipare alla consultazione.

 Con lui uscirà dalla vita politica attiva anche il suo principale avversario, l’attuale premier Bidzina Ivanishvili, che ha già annunciato le dimissioni per aver raggiunto i suoi obiettivi. Questo miliardario è infatti sceso in politica solo per dare al suo Paese un’alternativa al controverso Saakashvili, che ha dominato la scena nazionale dal 2003 con la Rivoluzione delle Rose, con cui di fatto spodestò dalla presidenza Eduard Shevardnadze, l’ex ministro degli Esteri di Gorbaciov.

 Lo scorso anno ad ottobre il suo partito Sogno georgiano ha nettamente vinto le parlamentari, sconfiggendo duramente il movimento di Saakashvili.

 “Per la prima volta – ha detto al suo seggio Ivanishvili – un candidato della compagine al potere non usa risorse amministrative per la sua campagna elettorale. Queste sono le prime elezioni di stampo europeo”.

 Dopo l’uscita dei due grandi avversari la Georgia comunque cambierà. Entrerà in vigore la riforma costituzionale che la fa diventare una repubblica parlamentare. Il presidente rimarrà formalmente il capo dello Stato, manterrà ampio spazio decisionale nella politica estera, ma il governo ed il primo ministro acquisiranno maggiori poteri rispetto al passato.

“Effective from October 7, Russia has banned the imports of Lithuanian dairy products. The Consumer Protection and Sanitary Inspectorate (Rospotrebnadzor) chief, Gennady Onishchenko, announced the ban…Moscow has not provided any evidence to substantiate its ostensible concerns about food safety…Russia resorts to trade warfare-type measures against neighboring countries (members as well as non-members of the European Union) periodically and selectively…
It is now targeting the European Union’s incumbent presiding country, Lithuania. It no longer bothers to answer Lithuanian and EU inquiries about the basis for complaints. On other fronts, Russia is currently imposing (and threatening to impose more) arbitrary restrictions on trade with the EU’s Eastern Partnership countries—Ukraine, Moldova and Georgia…These countries are set to conclude association, free-trade, and travel visa liberalization agreements with the EU at the Eastern Partnership’s summit on November 28–29 in Lithuania. The Kremlin seeks to derail that process… ”

 

 Full Article – Vladimir Socor – The Lithuania Tribune.

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