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 Siamo geneticamente vincitori!” Con queste parole Vladimir Putin ha arringato i fans allo stadio Luzhniki in una manifestazione a suo sostegno nel giorno della festa dei Difensori della Patria. Il primo ministro, candidato favorito alle presidenziali del 4 marzo prossimo, sta indossando sempre più i panni di “leader nazionale”.  
I suoi toni, gli striscioni dei presenti e le centinaia di bandiere tricolori non danno adito ad altre interpretazioni. Citando alcuni versi del poeta Lermontov, Vladimir Putin ha sottolineato che “la battaglia per la Russia continua e noi vinceremo!”
Non è mancato nemmeno un chiaro monito agli stranieri, invitandoli a non interferire. Il premier ha chiesto ai russi di farsi parte attiva nel voto, di non girarsi dall’altra parte, guardando verso l’estero, e di “non tradire la Patria”.
Come il 4 febbraio scorso anche questa volta gli organizzatori dell’evento dovranno pagare una multa, invero simbolica. Al Luzhniki, che ha una capienza di circa 78mila persone, sarebbero stati presenti in ben 130 mila, stando a rilevazioni della polizia. Il permesso era stato concesso soltanto per un’adunata da 100mila sostenitori.
Alle parole di Vladimir Putin dura è stata la reazione delle composite opposizioni, che non hanno un proprio candidato in lizza per le presidenziali, ma che per domenica hanno indetto un nuovo corteo di protesta per “elezioni pulite”. Internet è piena di messaggi stizziti. Non piace che il premier stia cercando di appropriarsi dei simboli nazionali e della sua memoria. Un famoso blogger commenta così: “I nostri nonni hanno sconfitto i nazisti nel 1945? Per questo voto per Putin! … Che schifo!”

 Il “generale gelo” non ha fermato l’opposizione russa come fece con Napoleone e le truppe dell’Asse. Le forze vicine al premier Vladimir Putin speravano nelle pessime condizioni meteorologiche, ma è andata loro male. Se, sabato 4 febbraio, così tanta gente è scesa in strada a protestare contro il Cremlino a venti grado sottozero vuol dire che la misura è davvero colma anche per un popolo, quello russo, da secoli abituato a sopportare di tutto.

"No agli arancioni!" Parco della Vittoria

"Non abbiamo paura dei tank"

Il fenomeno incredibile da descrivere è che la caduta di Vladimir Putin dall’Olimpo degli déi è stata verticale. Come verticale è il suo potere, costruito dopo il Duemila. La stessa cosa successe per altri suoi illustri predecessori. Lo zar Nicola II festeggiava in pompa magna i trecento anni di potere dei Romanov nel 1913, salvo poi essere fucilato con la sua famiglia dai bolscevichi quattro anni dopo.
Il cortocircuito tra Putin ed il Paese è avvenuto il 24 settembre scorso, quando il “tandem” ha comunicato la decisione di scambiarsi le cariche. Ossia il presidente uscente Dmitrij Medvedev sarebbe diventato primo ministro, mentre l’attuale premier sarebbe tornato al Cremlino per il suo terzo mandato. “L’avevamo già deciso da tempo”, si sono pure fatti scappare i due amici di vecchia data.
La sfrontatezza dei modi e la sensazione che il voto popolare non conti nulla sono state la scintilla che ha innescato la protesta. Internet e i social network hanno iniziato un incessante lavoro ai fianchi del Cremlino, che, per la prima volta da anni, ha perso una battaglia mediatica. Il partito del potere Russia Unita è stato etichettato come la formazione “dei malfattori e dei ladri” in un Paese tra i più corrotti al mondo.
Dopo i palesi brogli alle legislative del 4 dicembre l’onda lunga di Internet non si è fermata ed ora rischia di travolgere lo stesso Putin, che, per anni, ha giocato il ruolo dello “zar buono” circondato da aristocratici (leggasi oggi funzionari pubblici) cattivi. Per la prima volta il premier, che – è bene dirlo – ha enormi meriti per il boom economico di inizio secolo, mostra segni di debolezza.

Le manifestazioni di sabato ricordano infatti quelle della primavera ’91. Allora Michail Gorbaciov, che tentava di riformare l’Urss, riusciva a portare in piazza qualche decina di migliaia di persone, principalmente militari o gente legata alle forze di sicurezza. Dall’altra parte della barricata Boris Eltsin radunava folle oceaniche in nome di una Russia democratica senza il peso dell’impero. Sappiamo tutti come è andata a finire.
Al parco della Vittoria, sabato, vi erano non più di 20mila comparse, precettate in gran parte dal posto di lavoro, che, dopo 20 minuti di forzata presenza in un pre-organizzato set cinematografico, sono fuggite via. La classica massa amorfa descritta da Blok. Dall’altra era schierata la società civile, colorata e gioviale.
Farò multare i miei che hanno portato troppa gente in piazza, ha promesso Putin, riferendosi a fantomatici 130mila sostenitori. Foto artatamente contraffatte hanno fatto il giro della Russia. Invero non è importante quanta gente realmente vi fosse al parco della Vittoria, bensì cosa far credere al Paese.
La fortuna di Vladimir Putin è che oggi l’opposizione raduna una galassia di partiti e movimenti diversi e non ha un leader unico. Le prossime presidenziali gli sono state semplificate con i soliti metodi dalla Commissione elettorale e non presentano candidati che lo possono impensierire. Non vincere al primo turno sarebbe per lui un colpo grave.

Il presidente uscente Medvedev

 Sono iniziate le presidenziali russe. Sono 5 i candidati registrati. Tre – ossia il comunista Zjuganov, il nazionalista Zhirinovskij ed il populista Mironov – hanno seguito la trafila parlamentare come leader di partito. Uno, il premier Putin, è stato presentato da Russia Unita, la formazione del Cremlino. L’unico, proveniente dalla società civile, è il miliardario Michail Prokhorov. Tutte le altre candidature sono state bocciate.
Il netto favorito delle presidenziali del 4 marzo è Vladimir Putin nonostante il sensibile calo di popolarità (dal 55 al 38%) degli ultimi mesi provocato dalla decisione del 24 settembre scorso di procedere alla staffetta con l’attuale capo del Cremlino, Dmitrij Medvedev. Il grande dubbio è se l’ex agente del Kgb riesca a vincere già al primo turno o sia costretto 15 giorni dopo ad andare al ballottaggio.
Sulla carta gli altri quattro concorrenti non dovrebbero creargli problemi. Il nodo centrale è che le opposizioni, rimaste fuori dal Parlamento, stanno guidando un vasto moto di protesta popolare che ha il suo cuore pulsante in Internet.
Sabato 4 febbraio è prevista la terza manifestazione nazionale contro i brogli alle parlamentari del 4 dicembre. La richiesta centrale è la volontà di avere nuove “elezioni libere e pulite”.
La lotta politica non è, purtroppo, priva di colpi bassi. All’organizzazione per la difesa dei diritti umani Golos è stato comunicato che dovrà liberare i suoi uffici di Mosca entro il primo febbraio nonostante abbia un regolare contratto d’affitto fino ad agosto. Questa Ong ha denunciato brogli su larga scala alle ultime legislative.
Vladimir Putin tenta di tranquillizzare l’opinione pubblica. “Non vi sarà alcuna dittatura”, ha affermato, mentre il suo portavoce Peshkov ha detto che il “premier non teme nessuno”. Ma in un sondaggio della radio Eco di Mosca, ascoltata principalmente dagli intellettuali, Prokhorov a sorpresa batte tutti gli altri candidati.

F. Catel.The grot.Amalfi.1818-1824

 Giornali, televisioni e radio hanno dedicato ampio spazio alla mostra, dal titolo O dolce Napoli attraverso gli occhi dei pittori italiani e russi del XVIII – inizio del XIX secolo, alla galleria Tretjakov, una delle più importanti del mondo.
Un centinaio di opere di pittura e grafica, provenienti da musei e collezioni dei due Paesi, sono state radunate per l’occasione ed offrono uno spaccato interessantissimo ed unico della Campania. Il visitatore ha l’opportunità di immergersi nell’atmosfera di luoghi che hanno stregato artisti e scrittori russi fin dal Settecento.
La storia dei rapporti tra il regno delle due Sicilie e la Russia è infatti ricca di pagine importanti e di contatti secolari. Dopo Roma, Venezia e Firenze Napoli era la méta più popolare. Tutti i diplomati dell’Accademia delle Belle Arti di San Pietroburgo aspiravano a recarsi all’ombra del Vesuvio dopo aver vissuto nella Città Eterna.
La ragione è semplice: Napoli e la Campania in generale rappresentavano l’esotico, l’originalità, l’inusuale. “A Napoli – racconta Ljudmila Markina, curatrice della mostra, – vi era una nostra missione diplomatica. Un funzionario era addetto al controllo del comportamento dei connazionali, che giungevano in città in estate, anche per riposarsi un po’”.
In diversi periodi hanno soggiornato scrittori e poeti come Nikolaj Gogol, Fjodor Tjuchev, Vasilij Zhukovskij; gli storici Michail Pogodin e Stepan Sevyriov. Il grande artista Aleksandr Ivanov abitava nei dintorni del capoluogo partenopeo insieme a suo fratello, l’architetto Serghej Ivanov. Maksim Gorkij preferì invece l’isola di Capri, dove mantenne la sua residenza dal 1906 al 1912, ospitandovi anche Vladimir Lenin.
Tanti sono i pittori che hanno lasciato un ricordo indelebile. Schedrin, Ivanov, i due Brjullov, Tropinin e Orlov riportarono su tela quanto osservato con calore ed intensità. Silvester Schedrin (1791–1830), sepolto a Sorrento, è considerato il maggiore “napoletano” russo. Splendide sono le sue “Napoli. Sul lungofiume (Riviera di Chiaia)” (1819) e “Vista di Napoli” (1826), quest’ultima opera per la prima volta visibile al pubblico dopo il restauro.
Un posto speciale nella mostra è occupata dai ritratti dei viaggiatori russi sullo sfondo del Vesuvio tra i quali quelli dei fratelli Brjullov, Vasilij Tropinin e Pimen Orlov.
Tra i lavori degli italiani del tempo colpiscono la fantasia del visitatore quelli della scuola di Posillipo. In particolare ci riferiamo alla “Vista di Napoli” (1845) di Giacinto Gigante, conservato di solito al museo Pushkin di Mosca.
“I russi – osserva il direttore dell’Istituto di cultura tricolore Adriano dell’Asta – hanno capito cosa è l’amore per la bellezza. I napoletani hanno una passione incontenibile per il bello, per il mare come vita che nessun uomo mai può comprendere appieno”.
Gli organizzatori della mostra hanno aggiunto anche quadri con rappresentazioni della popolazione locale. “Pifferari” di Franz Catel, “Contadino con un ragazzo che suona la fistola di pissaro” di Filippo Palazzi raccontano la vita dei popolani. Lo stesso tema è ripreso anche dai russi, tra i quali David Shterenberg.
Una sezione particolare è dedicata agli schizzi, realizzati da pittori dilettanti. Questi disegni, cartoline dell’epoca, avevano l’obiettivo di riprodurre i luoghi più popolari di Napoli: Posillipo, Capodimonte, il Vesuvio, le isole, la costa.
Da tempo la Campania è attivissima nella promozione turistico – culturale regionale in Russia. La ciliegina sulla torta di questo incredibile Natale è la mostra dei presepi napoletani nella cattedrale moscovita di Cristo il Salvatore, il principale tempio dell’ortodossia mondiale.
Con la mostra in corso del Caravaggio al museo Pushkin si chiude l’anno dell’Italia in Russia davvero con i fuochi d’artificio.

Giuseppe D’Amato

Due sono le cose: o gli europei che vivono nell’area dell’euro sono su un “Titanic” e non se ne accorgono oppure chi è al di fuori della zona della moneta unica è in preda ad un isterismo strisciante. Gli unici aspetti certi sono che il lontanissimo rischio che la situazione finanziaria continentale possa degenerare ha preso forma e i Diciassette dell’euro hanno la necessità di dover assumere con rapidità decisioni strategiche di portata epocale.
Per meglio comprendere cosa stia accadendo, tralasciando analisi di carattere economico e monetario, è opportuno soffermarsi su due momenti fondamentali: quello politico e quello culturale.
Il primo punto da evidenziare è che la costruzione europea, sorta dopo la fine della Guerra Fredda, è entrata immancabilmente in crisi in questi tesissimi mesi. Adesso i Diciassette hanno il difficile compito di edificare, in tutta fretta, l’Europa del Ventunesimo secolo, quella che – tutti noi ci auguriamo – competerà in futuro nel mondo globalizzato con altri giganti regionali.
E’ bene subito segnalare che non bisogna inventare nulla. Si sa bene quali passi compiere e quali soluzioni scegliere. Il problema è un altro: far approvare questo complesso piano di riorganizzazione da tutti i membri e metterlo in pratica in men che non si dica. In buona sostanza, se si vorrà far sopravvivere l’euro gli Stati nazionali saranno costretti a cedere – a vantaggio delle istituzioni comunitarie – ulteriori quote di sovranità, dopo quella monetaria alla Banca centrale europea nel 2002.
Il processo di unione politica, che ha segnato un passo falso con la bocciatura della Costituzione continentale (poi rimediato parzialmente con la successiva “mini -Costituzione”), è destinato a ripartire con veemenza e giocare ora un ruolo centrale. Il dubbio è se i singoli Stati dell’area euro sono pronti a questo sacrificio. Le resistenze saranno assai forti, ma l’Europa sta pericolosamente avvicinandosi ad un precipizio.
Se salta il banco tutti indistintamente ci rimetteranno e non poco. Secondo il presidente della Commissione Barroso ogni singolo Paese perderebbe il 50% del suo Pil. Come riferiscono alcuni specialisti il marco di apprezzerebbe del 40% il giorno stesso della sua riapparizione e la lira segnerebbe un meno 60%. In questo modo gran parte dell’export tedesco perderebbe competitività con spaventose ripercussioni interne. La Germania si ritroverebbe una “Cina” supertecnologica (leggasi Italia) in mezzo al Vecchio Continente, come avvenne tra il 1994 ed il 1995, quando una bottiglia di vino italiano costava nei supermercati tedeschi meno di mezzo litro di birra bavarese.
L’Europa si appresta ad affrontare contemporaneamente anche una rivoluzione culturale. Come si ricorderà la nascita dell’euro ha rappresentato il compromesso perfetto tra la Germania, che rinunciava al marco, ed il resto dei membri Ue, che temevano per la riunione tedesca. Ci volle un decennio per far quadrare il cerchio e partire con la moneta unica, che è stato soprattutto un evento politico. Dal 2002 la Bce, con sede giustamente a Francoforte, ha seguito fedelmente linee guida simili a quelle che avevano ispirato l’azione della Banca centrale tedesca per tutto il dopoguerra. Ossia lotta all’inflazione e moneta forte. Gli incubi iperinflattivi dei tempi della repubblica di Weimar rimangono ben presenti nei tedeschi di oggi. Ma ora quel tipo di scelta assai rigido non sembra più rispondere alle esigenze dei tempi.
Se si vogliono “fare gli europei” i tedeschi dovranno per necessità diventare più flessibili, mentre gli italiani più quadrati (maggiormente rispettosi delle leggi) e i francesi meno arroganti. Altrimenti il rischio è che ognuno vada per conto suo e subisca in futuro la globalizzazione dei colossi asiatici ed americani.

Giuseppe D’Amato

La Russia non è la Bielorussia, ma c’è poco da consolarsi per il pericolo scampato. Queste legislative, precedute dalla “più sporca” campagna elettorale dal crollo dell’Urss, sono state un notevole passo indietro sulla strada del raggiungimento della piena democrazia. Il partito del Cremlino, in crisi di popolarità per la situazione economica e per gli scandali, doveva fare il massimo di preferenze possibili con l’obiettivo di lanciare la volata per la presidenza a Vladimir Putin in marzo e così è, più o meno, stato.
Ma la forma in alcune situazioni è più importante della sostanza. E questo è proprio il caso. I russi, contrari alle posizioni del potere, si sono trovati a dover scegliere tra invitati ad un banchetto altrui, senza alternative vere e costretti a disertare le urne. Insomma non si è avuta ai seggi nemmeno la possibilità di esprimere un voto di dissenso o di protesta. E’ venuta persino meno la figura del garante che di solito veniva svolta dal capo dello Stato. Dmitrij Medvedev era il capolista di “Russia Unita” e nel tradizionale messaggio alla nazione pre-elettorale è arrivato persino ad invitare i russi a recarsi alle urne “per scegliere chi ha esperienza a superare le crisi”, per una “Duma non divisa” come in passato, ossia come nei complessi, ma democratici, anni Novanta.
Adesso la rielezione di Vladimir Putin come presidente si complica tremendamente. Nelle prossime settimane non è escluso che avvenga un cambiamento di linea con Medvedev, che rischia di essere indicato come il capro espiatorio per questo inatteso passo falso di “Russia Unita”.
Ma certo, se alle legislative ci sono stati questi chiari di luna figuriamoci cosa potrebbe succedere in primavera se all’improvviso dovesse comparire sulla scena politica un candidato alternativo a Putin e non il solito pensionato di turno.
Il problema è che dal 2008 in Russia non viene registrato alcun partito e vengono costantemente accampate le scuse più diverse per non farlo. Le stesse difficoltà incontrerebbe nelle prossime settimane chi avesse l’ardire di voler sfidare il candidato del potere, ossia Putin.
Questo, però, non è più il mondo in cui i russi ascoltano solo la voce del Cremlino e si lamentano “in cucina” come ai tempi sovietici. Mentre i canali televisivi federali presentano per ore i successi del governo la gente posta su Internet la realtà quotidiana ed il proprio sdegno. I blog ed i social network hanno mostrato il vero volto di una campagna elettorale fatta di ricatti e pressioni di ogni tipo da parte della macchina amministrativa.
Sicuramente anche nelle passate elezioni i condizionamenti ci sono stati, ma adesso i russi sono armati dell’ultima tecnologia e denunciano i soprusi nella realtà virtuale.
Proprio lo scollamento tra televisione, guardata dalle generazioni anziane o nelle province, ed Internet, dominio dei giovani, è l’elemento che più colpisce gli osservatori stranieri. Grazie agli smartphones sono venute a galla situazioni semplicemente incredibili per un Paese che ambisce ad essere annoverato tra i più sviluppati del pianeta. Il risultato è che la Russia, già su posizioni divergenti da quelle occidentali, rischia ora l’isolamento internazionale.
Ed infine. Putin è realmente popolare tra la sua gente, ma la sua stella sembra appannarsi. Il suo ostinarsi a voler rimanere nel presente e non accettare il passare del tempo, entrando nella storia, potrebbe arrecare alla Russia danni incalcolabili.

Giuseppe D’Amato

Chiusura tra le polemiche per l’apatica campagna elettorale. Domenica la Russia andrà alle urne per rinnovare la Duma, la Camera bassa del suo Parlamento. “Andate a votare” è stato l’invito contenuto nel messaggio televisivo ufficiale del presidente Dmitrij Medvedev ai suoi connazionali. “Tutti e 7 i partiti – ha sottolineato Medvedev – sono stati creati per una libera concorrenza”. Fin qui poco da eccepire.  Ma votate “con responsabilità”, ha rimarcato il capo del Cremlino, che è anche capolista del partito del potere Russia Unita e “per chi ha esperienza a superare le crisi”. Al Paese serve una Duma che possa aiutare la Russia a crescere e non una divisa come quelle passate, chiaro il riferimento al primo decennio post sovietico.
Immediatamente sono scoppiate le polemiche. Già nei giorni scorsi i comunisti avevano presentato alla Commissione elettorale un documento contro Medvedev, che ha attivamente partecipato insieme a Putin alla campagna elettorale di Russia Unita. Il capo dello Stato dovrebbe essere il garante della regolarità della tornata elettorale ed invece è parte in causa.
Mentre i canali televisivi federali mandano in onda servizi sui successi degli ultimi anni con case consegnate ai militari, guarda caso, in questi giorni e statistiche sul miglioramento della vita ovunque nelle province i blog ed i social forum – considerati dalla gente i nuovi samizdat dell’epoca post sovietica – danno l’immagine opposta di un Paese irritato per la situazione creatasi. Molti russi sentono che qualcun altro ha già scelto per loro ed il loro voto non conta nulla. Di qui il timore di un alto tasso di assenteismo alle urne.
In questi ultimi mesi dalla Russia si è registrata una enorme fuga di capitali: si teme forse il ritorno al potere di Putin e una prossima svalutazione del rublo. Contemporaneamente alcuni sociologi hanno segnalato un’impressionante ondata emigratori, soprattutto della classe media alta o di specialisti, paragonabile soltanto a quella successiva alla rivoluzione d’ottobre del 1917.
Comunque andranno le legislative, brogli o non brogli, i russi non scenderanno in piazza sfidando il potere e i manganelli della polizia. Numerosi analisti si attendono, in caso di aggravamento della situazione economica a livello internazionale, un qualche moto popolare nelle regioni industriali.
L’ex oligarca Khodorkovskij, per anni in prigione in Siberia, avverte i connazionali che l’eventuale nuova elezione di Putin alle presidenziali di marzo sarebbe un colpo seria al mondo degli affari ed alla cittadinanza che ormai stanca di lui.

Secondo i principali sondaggi della vigilia. Serve superare il 7% per avere una rappresentanza parlamentare.

Russia Unita 53%
Partito comunista 20%
Partito liberaldemocratico LDPR 13%
Russia giusta 11%
Jabloko 1%
Patrioti della Russia 1%
Riformisti 1%

 

W wieku 69 lat w Genui zmarł Pietro Marchesani, wybitny włoski polonista, tłumacz polskiej poezji, prozy i dramaturgii oraz jej wielki popularyzator. Był kierownikiemv Katedry Języka i Literatury Polskiej na Uniwersytecie w Genui.

Jego ogromną zasługą jest przybliżenie włoskim czytelnikom twórczości Tadeusza Konwickiego, Czesława Miłosza, Zbigniewa Herberta, Witolda Gombrowicza, Sławomira Mrożka, Andrzeja Szczypiorskiego, Wisławy Szymborskiej, Stanisława Ignacego Witkiewicza. Napisał szkice na temat Zygmunta Krasińskiego, wątków twórczości Gabriele D’Annunzia w kulturze polskiej, literackich związków włosko słowiańskich w dobie renesansu, losów Jana Kochanowskiego we Włoszech, wizerunku Polski we Włoszech oraz Włoch w Polsce w XVI i XVII wieku.

Na przełomie lat 60. i 70. Marchesani pracował na Uniwersytecie Jagiellońskim.

Przez następne dekady uczestniczył we Włoszech w wielu prezentacjach, debatach i konferencjach poświęconych polskiej literaturze, między innymi twórczości Brunona Schulza, Sławomira Mrożka, Tadeusza Różewicza.

W 2001 z jego inicjatywy w jednym z włoskich wydawnictw powstała seria poświęcona kulturze polskiej. To dzięki jego staraniom opublikowano włoskie tłumaczenie “Umarłej klasy” Tadeusza
Kantora
, wiersze Tadeusza Różewicza oraz zbiór poezji Wisławy Szymborskiej.

Za propagowanie polskiej literatury Pietro Marchesani otrzymał odznakę Zasłużony dla Kultury Polskiej, Nagrodę ZAIKS, a także dyplom ministra spraw zagranicznych RP.

Dyrektor Instytutu Polskiego w Rzymie Jarosław Mikołajewski powiedział Polskiej Agencji Prasowej:

“Zmarł przyjaciel polskiej kultury, polskich pisarzy, który pracował dla nich z braterskim poświęceniem i miłością”.

“Dla najbardziej prestiżowego włoskiego wydawnictwa, Adelphi, tłumaczył Zbigniewa Herberta, Czesława Miłosza, Wisławę Szymborską. W przypadku noblistki pozostawił dzieło pełne: włoskojęzyczne wydania jej wszystkich wierszy” – dodał Mikołajewski.

“Pietro Marchesani był wśród najbardziej wyczekiwanych gości poświęconej Miłoszowi konferencji, która odbędzie się w dniach 1-3 grudnia w Rzymie. Ponieśliśmy stratę ogromną” – podkreślił szef Instytutu Polskiego.
źródło: PAP: z Rzymu Sylwia Wysocka

= = =

Si è spento improvvisamente a Genova Pietro Marchesani, grande studioso e traduttore di letteratura polacca. Nato nel 1942 a Verona, si era formato all’Università Cattolica di Milano. I suoi studi sono proseguiti in Russia ed in Polonia, dove ha lavorato per l’ Università Jagellonica, l’ateneo che nel 2000 gli ha conferito la laurea honoris causa.
Il professor Marchesani, ordinario presso l’Ateneo genovese, ha tradotto opere non soltanto della Szymborska, ma anche di Milosz, Herbert, Schulz e altri autori. Suoi articoli e recensioni sono apparsi su varie riviste di letteratura italiane e polacche. Marchesani in particolare ha scritto per “Aevum”, “Alfabeta”, “Tuttolibri”, “Vita e pensiero” e “Sabato”.
Prima della sua scomparsa stava preparando per Adelphi un volume di prose della Szymborska, mentre uscirà il 27 dicembre 2011, con il titolo “Elogio dei sogni”, una sua scelta di liriche della stessa autrice per la nuova collana di poesie del Corriere della Sera.
Intervista per RAIlibri.

 La Russia ha intenzione di dislocare propri missili e sistemi informativi sofisticati nell’enclave di Kaliningrad sul Baltico, in Bielorussia e nella regione meridionale di Krasnodar se il negoziato con gli Stati Uniti per il cosiddetto “Scudo spaziale” europeo non desse risultati positivi.
 Mosca non è così sicura che gli occidentali vogliano costruire questo mantello per difendersi da eventuali lanci iraniani. Il vero obiettivo segreto, si teme al Cremlino, potrebbe essere proprio l’ex superpotenza comunista.
  L’annuncio di Medvedev giunge in un periodo davvero complicato. Da mesi russi ed americani stanno trattando dietro alle quinte sulla creazione di un sistema di difesa antimissilistico comune europeo. Le reciproche diffidenze non permettono, però, ancora il passo decisivo che porti ad un accordo, la cui data ultima sarebbe fissata prima del vertice Nato di Chicago del maggio 2012. In caso di fallimento vi è il rischio di una prossima nuova “Guerra Fredda”. 
 A cui, tuttavia, sono in pochi a credere. Uno dei principali meriti della presidenza Medvedev in politica estera è stato proprio lo scongelamento dei rapporti con Washington dopo il gelo tra Bush e Putin. Il capo del Cremlino uscente sta ora semplicemente battendo i pugni sul tavolo per difendere le richieste russe davanti ai troppi “no” americani. 
 Secondo gli specialisti militari gli occidentali non hanno alcuna intenzione di abbandonare i loro progetti sullo Scudo europeo. E se Mosca desse seguito alle sue minacce commetterebbe un errore strategico imperdonabile isolandosi e buttandosi tra le braccia della Cina
 La dichiarazione di Medvedev va letta anche in chiave di politica interna. Il 4 dicembre si vota in Russia per le legislative e, stando ai sondaggi, le cose non vanno secondo i piani del Cremlino. La sua formazione, Russia Unita, dovrebbe vincere le elezioni, ma non in maniera così convincente come Putin e Medvedev sperano. I fischi al premier, allo stadio moscovita Olimpiskij, sono stati un campanello d’allarme, suonato anche in altre città. La crisi economica, importata dall’Occidente, si inizia a sentire e le misure fin qui adottate paiono essere non convincenti.
Giuseppe D’Amato

 Fischi, ululati, urla di disappunto. Domenica sera all’arena Olimpiskij i solitamente freddi ed apatici russi hanno perso la loro proverbiale pazienza. Lo spettacolo, a cui avevano appena assistito, non era certo per signorine. Per ore degli energumeni si erano massacrati di botte nella “lotta senza regole”, uno speciale tipo di arti marziali in cui vale proprio tutto. 
  Dopo tre sconfitte consecutive il campione locale Fiodor Emeljanenko era finalmente riuscito a sconfiggere l’americano Jeff Monson. I 22mila dell’Olimpiskij festeggiavano contenti. Tra loro anche il premier Vladimir Putin, che, ad un certo punto, ha avuto la brillante idea di salire subito sul ring per stringere la mano al campione ritrovato. Non l’avesse mai fatto.
  Mentre due allenatori portavano via a fatica il bisonte americano, pieno di sangue ed ancora tramortito per le botte prese, il primo ministro ha iniziato al microfono a tessere le lodi di Emeljanenko. Dopo alcune timide urla dalle tribune è subito partita una fortissima e prolungata bordata di fischi che hanno coperto le parole di Putin. Facilmente immaginabile l’imbarazzo dei giornalisti che commentavano la riunione sportiva in diretta televisiva. 
 Blog e giornali hanno prontamente messo in rete il video con il vero sonoro. I notiziari dei canali federali hanno, invece, censurato l’incidente. 
 Siamo in campagna elettorale e il partito del potere “Russia Unita” tenta di cavalcare, con modi davvero poco rispettosi e sfacciati, qualsiasi evento. La cosa disturba e non poco. Per di più, prima della riunione all’Olimpiskij tutta la zona intorno allo stadio era stata isolata dalla polizia per permettere al premier ed ai notabili di Stato di arrivare in sicurezza, creando enormi problemi all’afflusso degli spettatori.
  Migliaia sono stati i commenti postati sul web. E’ difficilissimo trovarne alcuni a difesa del primo ministro, che viene generalmente apostrofato in maniera pesante ed irriverente. 
 Mai Putin, in 12 anni di potere, era stato contestato pubblicamente. “E’ la fine di un’epoca”, sostengono numerosi osservatori che sottolineano come la situazione economica in Russia stia diventando difficile e la gente inizia a mal sopportare la protervia di Russia Unita  soprattutto nelle province. 
 Domenica 4 dicembre si vota per le legislative, ma la sensazione generale è che la partita sia chiusa da un pezzo. Ai partiti liberali e riformisti anti-Cremlino non è stata nemmeno permessa la partecipazione al voto per varie ragioni giuridiche. Le altre compagini appaiono senza mordente e fanno il gioco di Russia Unita, che ha come capolista il presidente uscente Medvedev. Uno degli appelli, che più ripete su Internet, è “votate per tutti, ma non per il partito del potere”.

  Video del capitano del Traktor di Celjabinsk Antipov che, sempre domenica alla fine di una partita di hockey, legge un messaggio elettorale a sostegno di Russia Unita. Fischi anche per lui.

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